riflessioni urgenti per documentare e condividere un'esperienza in via d'estinzione: l'insegnamento della Storia dell'arte.
martedì 5 gennaio 2010
arte & ghetto
Se dovessi dire quali, tra le esperienze della scuola superiore, è la più qualificante, interessante, ricca culturalmente e nuova...beh, senza esitazioni risponderei: "i progetti interdisciplinari!". E subito dopo aggiungerei una parola come spiegazione -perché nel sentire la parola progetto ad ogni insegnante parte il link: perdita di tempo- "curricolari". Parlo di quei progetti felici che, partendo dal programma curricolare o ministeriale, che dir si voglia, sono aperti e condivisi a più discipline: quindi gli insegnanti "lavorano in equipe". Ma questo è tutt'altro che un felice idillio è invece un'attentato, anzi la distruzione del concetto tradizionale d'insegnamento, presupposto fondamentale del concetto tradizionale di Professore (e di questo si tratterà in altro momento).
Insegnamento interdisciplinare significa aprire la propria competenza ai colleghi che, ti regalano la loro, ma soprattutto ti costringono ad ammettere che esistono tante cose che, della tua disciplina, ancora ignori e quindi ti stimolano a studiare... che meraviglia: il prof. studia!
Significa che devi ascoltare il collega quando parla ma anche lo studente quando ti fa notare che esiste un collegamento tra quello che hai appena detto e quello che diceva la prof di matematica o di inglese.
Significa che,, qualche volta i compiti li fai fare in lingua inglese e li correggi insieme alla collega di inglese che è disponibile a imparare qualcosa di arte e, mentre correggi il tuo studente, impari un sacco di cose e continui ad aggiungere link ai tuoi saperi. Soprattutto però inizi a guardare la disciplina che insegni da altri punti di vista...
Ci sono infinite cose che gli insegnanti possono fare insieme, in equipe, aggiungendo competenze ad altre competenze...
Ma ce ne è una che davvero non riesco a concretizzare, ci ho pensato, ripensato, sono 3 mesi che cerco...proprio non riesco a capire come fare a partecipare con la storia dell'arte alla Giornata della memoria 2010, quando la mia scuola ragionerà sul ghetto e io come mi inserisco?
So che diversi artisti hanno raffigurato il ghetto, quello di Venezia ad esempio, ma non mi sembra molto significativo. So che molti degli artisti del Novecento hanno origini ebraiche.
So dell'arte degenerata, va bene ma... mi chiedo il ghetto, la divisione l'innalzare barriere per non entrare in contatto con altre culture...c'è un dipinto, un autore che documenta questo?
O piuttosto l'arte documenta il contrario per sua stessa definizione?
Va beh, io continuo a scrivere e a fermare pensieri alla ricerca dell'illuminazione..
Il Ghetto ci appare come il simbolo della chiusura di una società ormai passata che, non comprendendole, chiude ed esclude una parte di persone che sono portatrici di tradizioni, religioni, usanze e modi differenti di vita.
Il ghetto è la concretizzazione della decisione di una parte di società di bastare a se stessa, di non avere bisogno dell'altro, dimostrando la paura a confrontarsi.
Una società che si chiude non vuole capire quindi non accetta e, di conseguenza, rifiuta il diverso fino a mandarlo via o ad eliminarlo.
Questo atteggiamento è drammatico quando si compie nei confronti di una persona ma appare addirittura insensato quando è diretto ad un popolo.
La storia ci ha affidato, tra le altre, la lunga storia del popolo ebreo (o ebraico?) dalla sua nascita, raccontata nella bibbia, alla diaspora che si studia nei manuali di storia, fino alla chiusura nei ghetti delle città di questo popolo di usurai-banchieri. Nella prima metà del XX secolo la lunga vicenda del popolo eletto ha un tragico capitolo: il progetto, realizzato in parte, dello sterminio sistematico nei campi nazisti.
Questo momento della storia dell'umanità non ha tuttavia determinato la fine della segregazione, la tragica esperienza non è maestra di vita e oggi dobbiamo fare i conti con nuovi ghetti.
Troviamo ancora muri e ancora steccati che dalle nostre città si sono trasferiti nella nostra mentalità, spuntano come funghi e si chiamano pregiudizi, si chiamano alibi, si chiamano ignoranza o paura, egoismo o paura di perdita di identità.
Il risultato è sempre lo stesso: il diverso fa paura e lungi dal misurarsi con esso, gli neghiamo la possibilità di ambientarsi, di inserirsi, men che meno cerchiamo di capire la sua cultura, non ci interessa, anzi è incomprensibile. Compiamo quindi una classifica tra le culture importanti, da conoscere, studiare, addirittura scimmiottare e quelle che non vale la pena nemmeno di conoscere (come se non le conosciamo?). Allo straniero vengono attribuiti i mali della società odierna: malattie, crisi economica, la disoccupazione, gli episodi di malvivenza, la città meno sicura, addirittura la crisi dei valori.
Lungi dall'essere estirpato, il ghetto si è invece moltiplicato e, dentro di noi, continua a mietere le sue vittime rendendoci meno capaci di misurarci con gli altri, meno capaci di capire, di adattarci, di accogliere, di comprendere, ...insomma meno capaci (adatti a contenere qualcosa).
(foto: particolare della facciata del Duomo di Modena, nevicata del 19 dicembre 2009)
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Scriverei un tema ma so anche che scriverei delle gran cazzate (si può dire nel tuo blog? Va bè ormai..). Tenterò una sintesi.
RispondiEliminaDiciamo che l’arte, in quanto “cosa viva”, nasce, cresce, si sviluppa, si riproduce (eh si eh), ma c’è di bello che non muore (no, non temere!). Fisso questo punto: cresce. Cresce ovvero si evolve. Le correnti artistiche sono nate per necessità, intuizioni di genio, sviluppo sociale e culturale, o per il rifiuto di quella precedente e… (vabbè ma la prof sei tu!).
Ma il ghetto, come dire..in quanto ghetto (!) è “impossibilitato” al confronto, e senza confronto non c’è progresso. E se non c’è progresso tutto si ferma, muore. L’hanno detto in tanti come anche Lui, W. Blake, lui che diceva anche che « Tutto ciò che vive, non vive solo né per se stesso ». (E io ci credo abbuco!)
Si può dire quindi che la comparsa-esistenza-persistenza del ghetto sia “cosa morta”? non fisicamente lo so, ma moralmente. Niente confronto, niente progresso, niente movimento.
Conclusione: come “interdisciplinare” una cosa viva con una cosa morta? La risposta è: non ne ho la piu’ pallida idea.
MA…MA…se io dovessi fare una scelta forzata in merito, in una tesina art&ghetto sceglierei la fotografia come espressione artistica per testimoniare il ghetto nel modo piu immediato-concreto-presente-vivo. (lo so che non insegni fotografia, ma io da alunna mi documenterei e lo farei lo stesso!)