domenica 28 ottobre 2012

Lunedì o Martedì

... mi iscriverò al concorso.
Non mi iscriverò invece perchè non ho intenzione di parteciparvi.
E non lo farò per diversi motivi:
  1. perchè sono una docente abilitata di storia dell'arte. 
  2. perchè questo non è un concorso abilitante, ma è un concorso a cattedra, cioè abilita solo quelli che rientrano nel numero dei posti cattedra prefissati, pochissimi.
  3. perchè sono abilitata per la materia che studio da un quarto di secolo e non sono capace di insegnare altro
  4. perchè il mio stipendio non è "a scapito" dell'esperienza culturale dei ragazzi che hanno il diritto di avere dei docenti, non dico solo "preparati", ma dico di più: "eticamente corretti e onesti". Se io superassi il concorso -per un fortuito colpo di fortuna-  insegnerei materie che non "frequento" da 20 anni e questo significherebbe rubare lo stipendio ad un collega più preparato di me e rubare l'occasione di imparare a centinaia di ragazzi.
  5. perchè l'unica cosa che un docente può fare oggi, per contrastare l'abominio della "cosa pubblica", è dare un esempio di onestà, dedizione e passione oltre alla competenza (vedi punto 4)
  6. perchè, molto più semplicemente, se penso agli insegnanti che vorrei (e che ho in moltissimi casi) per i miei figli, penso a docenti preparati e sicuri della materia, determinati e capaci di dibattere sul loro sapere; non vorrei insegnanti improvvisati, costretti ad attenersi alla parola del testo come loro unica conoscenza.
Forse a qualcuno sembrerà un'impresa inutile, da don Chisciotte.
Invece è un tentativo di essere meno incoerenti.
Mentre ci scandalizzavamo stupiti, del fatto che "i vari Fiorito" avessero abusato e rubato tutto quello che era possibile rubare, con la compiacenza di qualcuno che era responsabile e di qualcun'altro che non aveva vigilato, succedeva che:
  • i docenti con orario pieno accettassero più ore,
  • i presidi si attivassero perchè non si chiamassero precari,
  • qualche docente, dopo aver richiesto il trasferimento, accettasse di sedere su cattedre inesistenti (di 12 ore),
  • i sindacati si scambiassero silenzi in mezzo alle devastanti e palesi ingiustizie 
  • gli stessi sindacati invisibili erano, contemporaneamente, a tempestare gli iscritti di mail che pubblicizzavano corsi a pagamento per accedere a concorsi o tfa, cioè per quelle iniziative che sono scandalo da combattere senza sosta (ma la coerenza sindacale è talmente nauseabonda che meglio lasciare stare)
  • i presidi accantonassero ore per alcuni,
  • le cattedre sparissero e riapparissero al momento buono.
Io penso che quando si "ruba", quando si chiedono o si forniscono "favori", ognuno, liberamente, debba decidere se stare dalla parte degli onesti o da quella dei "furbi", in qualsiasi posizione si trovi, fosse anche in quella dei clochard.
Penso anche che questi, con poco potere, abbiano, in proporzione, la stessa disonestà dei consiglieri e assessori della regione Lazio.
Lo penso davvero.
Lavorare è un diritto di tutti, ma non a scapito di colleghi più preparati o più meritevoli; non a scapito di chi ha seguito le regole. Insegnare è fonte di reddito ma non a scapito degli studenti.
Penso che la responsabilità dell'educare renda le disonestà più gravi ed insopportabili.
 Aggiungo che nemmeno la protesta deve in nessun modo, per nessun motivo, ricadere sulla preparazione degli studenti che hanno queste ore, questi giorni, come unici ed irripetibili per acquisire quella conoscenza che la scuola statale ha il dovere di fornirgli in modo privilegiato.

Donna allo specchio

Confrontasi potrebbe essere la misura della voglia di vivere.
La misura della pazienza (nel suo significato etimologico) potrebbe essere la capacità di confrontarsi con coloro che ci confondono, quindi con coloro che rimangono distanti. Nella vita camminiamo al fianco di infinite persone ma può succedere che con qualcuno si instauri un legame malato e che l'alienazione arrivi al punto di non riconoscere più il nostro essere. Quando si è consapevoli di ciò, penso sia sano riprendersi la propria vita e accettare il limite della relazione.
Picasso, Donna allo specchio 1932, olio su tela, New York, MOMA
Ci sono invece altre esperienze, in cui la relazione assume anche il significato di mettere in fila i pensieri e succede che dopo una lunga conversazione, ci si accorga di avere la mente ordinata, il "sentire" leggero e i drammi quotidiani ridotti al rango di responsabilità sopportabili. Queste relazioni hanno il potere di rafforzare il nostro io profondo, di rianimare le nostre capacità come corredo alle responsabilità.
Dopo giornate così, la vita non è più leggera, ma più leggibile.
Quando una situazione è chiara, quando la nebbia si alza e la strada risulta percorribile, pur restando impervia e senza una meta ancora definita, mi capita che si agganci ad una immagine o ad una serie di immagini.
Le mete irraggiungibili rimangono molto lontane ma sono viste attraverso lenti che ne descrivono i contorni netti .
I pensieri tormentosi perdono la sostanza plumbea e riacquistano la loro naturale inconsistenza fisica.

Eppure raramente sono incontri destinati a durare, anche questi, come gli altri, finiscono.

martedì 16 ottobre 2012

Monomania dell'invidia

Esistono persone grette, incapaci non solo di vedere la bellezza, ma -se per un attimo di umanità o una distrazione- la scorgono, si sforzano di individuarne il limite, incapaci di goderne.
E subito dopo lo fanno notare.
Esistono persone che non sono felici per i buoni risultati raggiunti dagli altri e s'affrettano ad insinuare la scorciatoia, l'ingiustizia e il favore che ha creato quel bell'esito; poi evidenziano i limiti dell'accaduto.
Esiste la persona che pare fatta apposta per guastare la festa e vi partecipa al solo fine di disturbarne l'armonia.
Conosco persone invidiose che si presentano dichiarando la loro incapacità di invidiare e subito dopo sarebbero capaci di criticare l'eccessiva luminosità del bianco della panna sull'ornamento del Saint Honorè.
Non conosco l'antidoto efficace: non possiedo nemmeno la metà della pazienza necessaria per tramortire l'invidioso di generosità, non riesco nemmeno a concepire l'eccesso di ironia utile per ammollarlo  23 ore al giorno, con la sola vacanza del 29 febbraio.

Non è sempre facile riconoscere l'invidioso perchè la vita non è una telenovelas e spesso veste i panni del collega zelante, del vicino capace, dell'amico sagace e colto.
Tuttavia, nel momento del bisogno, succede che tu lasci tutto da parte per soccorrere l'invidioso, il quale subito ti è grato e riconoscente, poi inizia ad insinuare...
E tu, cacci indietro il sospetto che qualcosa non funzioni, ti incolpi di essere diffidete.
Da quel momento l'invidioso sfodera la sua tecnica infallibile: ogni due complimenti un appunto: un difettuccio, cose lievi, senza importanza. Col suo aiuto le sconfiggerai, sicuramente.
Infatti l'invidioso è persona capace, nella parte di vita che non condivide con te. Eccelle: miete riconoscimenti, risolve problemi annosi,  ha successo... nonostante le persone stupide ed incapaci che lo circondano.
Dopo qualche tempo ti accorgi che l'invidioso non ritiene alla tua altezza le persone che frequenti, quindi, da buon amico, comincia a metterti in guardia e la motivazione è sempre "non ti appezza", "non ti capisce", "non ti valorizza".

Se suggerisci una ricetta all'invidioso, la padroneggia da tempo; se ti permetti di consigliargli un libro: lo ha già recensito con successo; se gli parli di un film: "beh ma non lo aveva detto a te? a chi lo aveva detto ... sì,certo, carino..."
L'invidioso veste spesso i panni dell'amico sincero e ascolta i tuoi drammi, ti consola .. poi però ti accorgi che riutilizza le confidenze, soprattutto per ridimensionare i tuoi successi o le tue felicità.
L'invidioso non sbaglia mai, ma vive tremende ingiustizie, soprattutto è vittima dell'invidia che gli causa la sua popolarità
L'invidioso sacrifica chiunque per metterti fuori gioco e quando ti ha fiaccato talmente da renderti insicuro, incerto e soprattutto solo, ti butta, ma non lo fa palesemente, no, fa in modo che sia tu a scaricare lui, così ti senti pure in colpa!
Non si è invidiosi delle cose, ma delle persone: del come sono, di quello che si sono costruite; così l'invidioso lavora fino ad aver distrutto tutto e tu non te ne accorgi... fino a quando non te lo senti dire dallo psicologo.

lunedì 8 ottobre 2012

il fondo del vaso

La mia casa ospita, da nove mesi, una orchidea.

Mi piacerebbe finire qui.
Perchè è cosa curiosa di per sè: sia che un vegetale duri così tanto in casa mia, sia che io possegga un'orchidea.
Ma  le vicende della vita vanno spesso così: provocanti e  totalmente indifferenti a noi che dovremmo dominarle. L'orchidea è  un regalo da parte di chi non conosceva i miei gusti botanici, oppure, di qualche coraggioso che ha deciso di prendersi la libertà di ignorare i mie gusti botanici.
Conoscendo bene la persona in questione propenderei per la seconda ipotesi.

Appassiti i fiori, posta all'ombra di un'altra pianta e quasi dimenticata, l'orchidea prospera, butta foglie pretende di crescere, reclama un vaso adeguato.

Una peculiarità dell'orchidea è che le sue radici hanno bisogno di luce, così necessita di un vaso trasparente e non tollerano di essere nascoste in mezzo alla terra.

...come certe "amicizie".