Ci sono libri che, come li vedi, cadi vittima del colpo di fulmine e li comperi con quella urgente necessità che la passione spinge a far proprio, non dico l'oggetto"libro", ma quell'idea che s'intravvede dietro al titolo.
In queste relazioni così improvvise e fulminanti accade che ci si ritrova poi a guardare negli occhi un estraneo che si era rinvestito delle proprie idee, bisogni o sogni e -ugualmente il libro e l'amante- si rivelano sovente solo uno specchio nel quale si riflette uno sfrontato narciso.
Il mio amatissimo Schama rimane il mio autore della vita: quello che con perizia e pazienza è riuscito a smussare e a plasmare i miei entusiasmi e le mie rigidità, quello che mi critica con parsimonia e mi affianca nei miei viaggi mentali e reali.
Ho mandato invece spesso a gambe all'aria moltissimi altri autori: impietosamente li analizzo, annoto i difetti e mi stupisco dei pregi. Arrivano ad affiancare il mio studio faticosamente come se prima di merìtare la mia fiducia sia necessario risalire la china della credibilità.
Il punto è che Simon (Schama), come colui che si ama, passa per categorie altre, solo sue, così è scusato sempre e comunque, a prescindere, mentre il mio metro di giudizio circonda impietosamente ogni dimensione proposta da tutti gli altri.
E' stato sicuramente un colpo di fulmine quello per Martina Corgnati "I quadri che ci guardano. Opere in dialogo", editrice Compositori.
Il titolo mi ha stregata, un bellissimo titolo, "perchè non l'ho pensato io: basta occuparsi un po' di quella noia della Gioconda per immergersi nel mondo dello sguardo, o dell'Annunciata di Antonello da Messina... ma che bello, che idea, che titolo".
Il titolo mi ha stregata, un bellissimo titolo, "perchè non l'ho pensato io: basta occuparsi un po' di quella noia della Gioconda per immergersi nel mondo dello sguardo, o dell'Annunciata di Antonello da Messina... ma che bello, che idea, che titolo".
Solo che poi, quel titolo, mi ha portato lontano, talmente tanto lontano che avevo timore ad iniziare a leggere e a conoscere l'idea della Corgnati. Il libro era lì, a portata di mano, con la copertina giocata sui rossi e il bianco, ma lo guardavo a distanza, aspettavo di essere pronta, il momento giusto per aprirlo come quando si aspetta per dichiarare l'amore.
E spesso succede che, mentre si aspetta l'attimo magico in cui buttare il cuore, nasca e cresca la consapevolezza che quel gesto possa anche non essere capito: quel cuore possa non essere preso, cioè si inizia a dubitare del fatto che ne valga la pena.Allora il colpo di fulmine è finito e ci si trova davanti solo al proprio io che non riconosce poi tanto quell'altro che, in fondo, non è nemmeno capace di reggerlo, lo specchio.
Quindi ora, passata la passione e l'attimo magico, ho già un percorso nella testa che riconoscevo come mio, da amanti a rivali: è difficile potercela fare!
Invece no, la Corgnati se l'è cavata egregiamente!
E quindi iniziato il libro lo centellino: ne leggo poche pagine, cerco le immagini, mi faccio venire la voglia di continuare... lo medito, lo rimugino...
La parte dedicata all'Annunciata di Antonello da Messina mi pare incompleta, però è fatta bene. Certo che dare un motivo a quel vento che scompiglia le pagine e sciogliere il simbolismo del libro e della lettura... sarebbe stato il massimo, così come mostrare come l'assenza dell'interlocutore contrasti con la evidenziata materialità delle presenze...occhi che vedono e gesti che alludono...
Certo che... quando parla degli autoritratti di Rembrandt, no, non mi va proprio, ma è per via di Schama, sempre lui!
Il tema affrontato nel libro, la relazione tra il ritratto e l'osservatore, non è assolutamente secondario: è un aspetto importante che necessita indagare tutto il dipinto tentando di ricostrire la sua storia e la sua origine. E la Corgnati lo fa bene, soprattutto con la Ginevra Benci.
Dal punto di vista dell'autrice esce un ritratto caratterizzato dalle pupille ristrette e fisse negli occhi di chi la guarda: una novità che rimane unica nella pittura di Leonardo.
Il punto di vista dell'autrice è originale ma molto convincente e coinvolgente: conquista. Leonardo viene presentato per quello che è: uno studioso della natura, cioè uno scienziato diremo oggi, quindi se decide di dipingere una donna in piena luce è chiaro che farà le pupille di conseguenza!
Dal punto di vista dell'autrice esce un ritratto caratterizzato dalle pupille ristrette e fisse negli occhi di chi la guarda: una novità che rimane unica nella pittura di Leonardo.
Il punto di vista dell'autrice è originale ma molto convincente e coinvolgente: conquista. Leonardo viene presentato per quello che è: uno studioso della natura, cioè uno scienziato diremo oggi, quindi se decide di dipingere una donna in piena luce è chiaro che farà le pupille di conseguenza!
Beh grande! sono quelle trattazioni che mi illuminano, mi si piantano in testa e mi spingono a pensare che quel dettaglio è uno dei nodi centrali della questione. Anche perchè nel testo è riportata la citazione degli appunti di Leonardo per la parte rapporto luce-pupille tratto dal codice Foster.
Il problema che l'autrice si pone poi è geniale: "Forse Ginevra ha quella faccia perchè non riesce ancora a vedere quel che le sta di fronte e sta sforzandosi di farlo: i suoi occhi un attimo prima erano pieni della riposante penombra delle frasche e si sono appena adattati alla posizione che l'artista le ha imposto per ritrarla, in piena luce."... grande!
Il problema che l'autrice si pone poi è geniale: "Forse Ginevra ha quella faccia perchè non riesce ancora a vedere quel che le sta di fronte e sta sforzandosi di farlo: i suoi occhi un attimo prima erano pieni della riposante penombra delle frasche e si sono appena adattati alla posizione che l'artista le ha imposto per ritrarla, in piena luce."... grande!
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