4 4A Piero della
Francesca, Battista Sforza, dal Dittico dei Duchi di Urbino,
1465-1472, olio su tavola, 47x33 cm ciascun pannello, Firenze,
Galleria degli Uffizi.
Battista ha la pelle
chiara, come imponeva l'etichetta del tempo: era infatti segno di
nobiltà, in contrapposizione all'abbronzatura dei contadini che
dovevano stare all'aperto. La fronte è altissima, secondo la moda
che imponeva un'attaccatura molto alta (i capelli venivano rasati con
cera e calce), e l'acconciatura elaborata, intessuta di panni e
gioielli.
Piero, al pari dei
fiamminghi, si soffermò sulla brillantezza delle perle e delle
gemme, restituendo, grazie all'uso delle velature a olio, il "lustro"
(riflesso) peculiare di ciascuna superficie, a seconda del materiale.
La ricchezza dei gioielli, la ricercatezza delle stoffe e la
raffinatezza dell'acconciatura evidenziano l'importanza e l'opulenza
della corte d'Urbino. Soprattutto la presenza di Battista attesta che
la nobiltà di Federico, da sempre ritenuta dubbia, è ora certa e
riconosciuta, inoltre è solido anche il suo potere politico ampliato
dalla vasta sfera di alleanze della famiglia della sposa.
Il dipinto era
incernierato a quello di Federico da Montefeltro. Le due tavolette
sono concepite insieme come un dittico apribile come un libro, e
questo ci dice che era a destinazione privata, probabilmente era
stato commissionato dal duca dopo la morte di Battista.
Questi due ritratti
hanno in comune, a parte la medesima posa dei due duchi che si
fronteggiano, anche il paesaggio, senza soluzione di continuità su
entrambe la tavole, a perdita d'occhio: dietro la duchessa si vede un
paesaggio collinare caratterizzato da un lungo muro di fortificazione
con molte torri che allude alla sicurezza del ducato ma anche alla
castità della duchessa fedele al marito. Invece dalla parte del duca
il paesaggio è raffigurato dai corsi d'acqua, via di commercio
privilegiata.
I duchi sono raffigurati
di profilo, come nelle medaglie, in un'immobilità solenne, sospesi
in una luce chiarissima, che accentua le figure in primo piano.
L'infinitamente lontano e
l'infinitamente vicino (rappresentato dalla cura dei particolari nei
ritratti) sono mirabilmente fusi, dando origine a una realtà
superiore e ordinata, dominata da leggi matematiche che fanno
apparire gli esseri umani non più come mortali ma come idealmente
eterni, grazie alla loro superiorità morale.
Il retro delle tavole
elenca le virtù dei duchi attraverso la rappresentazione dei
Trionfi.
Battista Sforza è figlia
del signore di Pesaro, Alessandro Sforza e di Costanza da Varano. Il
padre Alessandro è fratello e prezioso alleato di Francesco Sforza
che diviene signore di Milano nel 1450.
Battista sposò Federico
da Montefeltro nel 1460, fratello della sua matrigna (Sveva figlia di
Guidantonio da Montefeltro) e conte Urbino.
Pare sia stato un
matrimonio felice, viste anche le spiccate doti culturali e di
governo della giovanissima contessa, facenti funzioni di vicario
durante le numerose e lunghe assenze del marito. Naturalmente la sua
biografia, come i dipinti che la ritraggono, sono sempre
encomiatistici ed esaltano le virtù tipiche della moglie del duca,
la fedeltà, la modestia, la nobiltà, la cultura e la sua
rettitudine di madre e sposa, esempio per tutte le spose del ducato.
Conosciamo un lungo
elenco di figli che ebbe con Federico e anche di altri 3 figli che
Federico, ebbe con altre donne e che furono allevati
da Battista a corte.
5 5A Mantegna, Barbara
di Brandeburgo, nella Camera Picta, 1465-1474, affresco,
Mantova, Castello di San Giorgio.
Barbara di Hohenzollern (1423-1481) fu la prima figlia di
Giovanni l'Alchimista, erede dell'elettore del Brandeburgo Federico I
di Norimberga, e di Barbara di Sassonia-Wittenberg. A dieci anni
venne data in sposa al diciannovenne Ludovico, figlio ed erede del
Signore di Mantova Gianfrancesco Gonzaga. Le nozze vennero celebrate
a Mantova il 12 novembre 1433.
Barbara divenne marchesa
alla morte del suocero nel 1444, mantenendo il titolo fino a quando
rimase vedova nel 1478. A succedere a Ludovico III fu loro figlio
Federico I Gonzaga.
Partecipò alla gestione
del governo e curò personalmente l'educazione dei figli.
Dal matrimonio nacquero
dodici figli. Barbara è ritratta accanto al marito in questa, che è
la stanza di rappresentanza, per due ragioni principali: una funzione
politica di testimoniare l'alleanza con l'elettorato del Brandeburgo,
esibire la prole legittima e numerosa che significava garantire una
successione pacifica e sicura. Nel piccolo marchesato dei Gonzaga la
politica delle alleanze era la garanzia necessaria per la sua
prospera sopravvivenza il numero dei figli e figlie assicurava anche
l’ampliamento o il mantenimento delle alleanze.
L'affresco in cui è
raffigurata Barbara è parte della decorazione della camera picta
detta anche camera degli sposi. Questo secondo nome non deve trarre
in inganno: non si tratta di una stanza privata che corrisponde alla
nostra camera da letto matrimoniale ma è una camera in cui si
ricevevano ospiti ufficiali ed era enfatizzata la potenza politica
dei Gonzaga. Nella tabella di dedica, sulla porta d’ingresso sono
nominati come committenti entrambi i coniugi, e non solo Ludovico
come accadeva solitamente. Evidentemente l’alleanza con il
Brandeburgo era un riconoscimento molto importante che aveva grande
valore nella politica delle alleanze di Ludovico.
6 6A Raffaello,
Maddalena Strozzi, 1506, olio su tavola, 63 x 45, Firenze,
Galleria Palatina.
Maddalena Strozzi è
ritratta in sontuose vesti arricchite da preziosi gioielli che
attestano le sue virtù. Il vestito è tipico della moda dell'epoca,
con ampie maniche rimovibili, di colore azzurro e con damascature
visibili in controluce: esempi pressoché identici si trovano anche
in altri ritratti raffaelleschi. Sulle spalle indossa un sottile velo
trasparente.
La minuziosa attenzione
con cui Raffaello descrive il raso rosso, il broccato azzurro, le
passamanerie e il trasparente velo degli abiti fa sicuramente
riferimento all'attività del marito ricco mercante di stoffe.
Raffaello ritrae in modo
realistico la pienezza delle carni e l'imperfetta bellezza della
donna, cercando però di aggraziarne i lineamenti e addolcirne lo
sguardo attraverso la sua armonica linea curva che si rincorre tra la
fronte incorniciata dai capelli raccolti, la scollatura e la linea delle spalle e le braccia
E' ritratta seduta a un
balcone che rivela, oltre il parapetto, un magnifico paesaggio
collinare, che ha sostituito l'interno di stanza con finestra del
progetto originario. Il taglio è monumentale e il personaggio,
ritratto col busto di tre quarti verso sinistra e la testa girata
verso lo spettatore, è caratterizzato da una sciolta naturalezza.
L'opera,
nell'impostazione generale, è palesemente ispirata alla Gioconda
(che Raffaello ebbe forse la possibilità di vedere in quegli anni)
ma sicuramente manca di ogni evocazione allusiva o misteriosa tipica
della ritrattistica di Leonardo da Vinci, prediligendo la
rappresentazione fedele delle caratteristiche umane: infatti la
figura si impone come presenza fisica, col viso pieno, con lo sguardo
rivolto all'esterno, ben consapevole del prestigio del suo rango
sociale.
Il dipinto, pur
inserendosi nel preciso contesto della ritrattistica rinascimentale,
rinuncia a raffigurare i "moti dell'animo" come aveva
insegnato Leonardo, per dare spazio a una figura più realistica in
perfetto accordo a con quella del marito Agnolo Doni
ritratto dallo stesso Raffaello in pandant con il ritratto della
moglie, evidenziando l'elevato status sociale del marito.
Il ritratto venne
commissionato dal marito della donna, dopo il matrimonio nel 1503.
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