giovedì 23 agosto 2012

estate senza leggerezza


Mi hanno tanto inculcato che vivere è "roba seria", che necessita la "responsabilità",  che non riesco a vivere con leggerezza. 
Come vorrei mollare tutto e godere di questa breve estate.
Spegnere il cervello e vivere senza preoccupazioni inutili.
Inutili!
Perchè è inutile preoccuparsi di meccanismi che non posso cambiare (trasferimenti, utilizzi e assegnazioni povvisorie, ore che spariscono, docenti di ruolo che si materializzano...) e nemmeno controllare o verificarne cambiamenti o disfunzioni (all'USP ci deve essere un librone stile Harry Potter con le regole che si riscrivono ad hoc!).
 Vorrei saper'essere disoccupata dalle ansie, dagli abbandoni, dalla solitudine e delusioni... mentre lo sono, dalla fine degli esami di stato, solo dalla scuola.
Disoccupata dalla scuola per occuparmi solo della famiglia, della cucina ... senza essere assalita dalla noia e dall'angoscia del fallimento.
Mi piacerebbe passare i pomeriggi a leggere romanzi, qualche saggio, a continuare la faticosa lettura di Schama, e a passeggiare.
Ma passeggiare è attività rischiosa perchè non necessita delle facoltà intellettive, che partono autonome per il loro trip quotidiano,  invece vorrei passeggiare pensando solo al panorama.
Non ho voglia di ricominciare la scuola: di essere la scure sulla testa di uno studente, di fargli prendere decisioni per le mie paturnie, per il nervosismo di quel momento, di dirottare i suoi progetti  perchè devo, proprio quel giorno, fare un compito o una interrogazione.
Non mi sento, non mi sono mai sentita, una persona matura, equilibrata, men che meno saggia, razionale. 
La vicenda degli esami di Stato mi ha scioccata: continuo a pensare quante volte ho deciso il corso delle giornate o delle stagioni di qualcuno, non per il suo bene, per la sua formazione ma perchè... boh... perchè quel giorno ero chiusa nella mia rabbia o nella mia concezione di sapere.
E' così non sto esagerando, e dico questo non solo perchè ho sempre considerato quei commissari persone serie ed  imparziali, capaci, razionali e scrupolosi. Ma anche per quello che è successo agli scrutini di qualche tempo fa.
Una collega ha voluto punire una studentessa, sicuramente poco studiosa e troppo furbetta, perchè i suoi avevano rotto le scatole.
Mi sono vista costretta, dopo aver trasformato alcuni 4 di altri studenti in 6, a dare il debito a questa che aveva un 5 abbondante.
Costretta dalla collega che ha , con la voce della prepotenza e del ricatto, decretato l'assoluta necessità di "dare una lezione"( il che da un insegnate ...) azzerando etica e didattica in pochi minuti!

L'ingiustizia era palese e tale l'hanno colta, non solo la infelice malcapitata, ma anche i suoi compagni più somari.
Avrei dovuto oppormi con forza, ma semplicemente questa mi stava sulle scatole, lei e la sua saccenza, le sue assenze , i suoi modi.
Mentre mi stavano più simpatici i compagni salvati... dal debito in arte, ma che portavano a settembre altre materie ritenute "più utili".
Non voglio più fare la prof.
Perchè mi giunge chiara l'immagine della frustrazione, e non è un bel vedere.
Perchè non sono, in fondo, in grado di capire e di trasmettere, di valutare oggettivamente, non mi sento in grado, anzi penso non sia possibile, valutare oggettivamente.
Non ne ho voglia anche perchè non mi sento parte delle colleghe della disciplina, men che meno delle altre affini alla mia.
Sono stata assalita da un grand'avvilimento nel constatare che ad un professionale è stato adottato un testo che era vecchio ed insignificante 10 anni fa, me lo ricordo bene perchè quando il rappresentante me lo portò, alla scuola dove insegnavo allora, pensai che mi avesse portato i resti di magazzino.
L'hanno adottato, quello tra infiniti altri -meravigliosi e meno- ma almeno nuovi e con una impaginazione nuova e concezione aggiornata, valutandolo adeguato all'insegnamento: l'idea è che un libro semplice ( senza dire nulla sul vetusto...) sia meglio per gli studenti (di serie B) del professionale.

Ho fatto i conti con un altro modo di insegnare storia dell'arte: quelli che un testo sposano per la vita.
Ho sudato sette camicie per fare "ripetizioni" ad una "monella" col debito in storia dell'arte: doveva recuperare poche cose di architettura del Rinascimento.
Niente di strano. Poche cose... ma era ben specificato che la richiesta era legata al testo di Argan! con la specifica dei titoli dei capitoli e paragrafi... cioè lo studio del libro, quindi non dell'arte ma dello studioso.
E' un testo di "filosofia" e leggendolo non si capisce minimamente cosa sia quell'edificio o cosa rappresenti quell'opera: Argan, con molte ragioni, era chiuso e preso ad illustrare il corso dei suoi pensamenti e le sue riflessioni che danno per scontato la pregressa  conoscenza dell'opera.
L'Argan non serve per capire l'opera serve per capire Argan.
E io mi prostro fino a terrra, anzi faccio la proschinesis e mi pongo minuscola nella prospettiva gerarchica ai piedi del grandissimo Argan.
Ma quel testo è inutile per ragazzi che devono approcciare l'arte (è necessaro ai futuri storici dell'arte che frequentano l'Università!): è una mancanza di rispetto nei confronti dei ragazzi, nei confronti del grande Argan e ... dei contribuenti.
Poi visto che ci sono, faccio la saccente e dico che studiare Michelangelo e Caravaggio o i manieristi, ma tutta l'arte, con un testo del '68 è ignorare che l'arte, la conoscenza delle opere, i restauri e le puliture fanno dei progressi: è un autogoal!
Significa che gli storici dell'arte non ci fanno niente nel mondo, allora che s'insegna a fare?

Ecco ho fatto un sacco di ragionamenti, ho studiato, ho cercato di spiegare, ma poi mi chiedo: ma io ho sempre ragione? ho sempre la soluzione per tutto?
Non può essere... sto sbagliando e non me ne accorgo.

Come vorrei saper vivere in leggerezza solo per un po'. Senza arte e impegni: senza essere assediata dalla necessaria urgenza di capire.

2 commenti:

  1. Anch'io ho studiato sull'Argan....trenta anni fa e solo ora ( forse) ho gli strumenti per capirlo.
    Ora che mi impegno ( e fortemente) nel problema grande della divulgazione e della trasmissione del sapere.
    Penso che la leggerezza, nell'accezione del termine che le dà Calvino, sia una delle qualità e degli strumenti più importanti per vivere la vita e per trasmettere agli altri le nostre esperienze.Non ti lasciare troppo trascinare dalle zavorre: hai delle enormi qualità e le sai comunicare. Sfruttale! Un grande abbraccio

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  2. Il nome di Calvino rende prezioso questo commento: grazie davvero. Lo sai cosa si dice dello sfruttamento delle risorse naturali, se non si conoscono non sono ricercate... quindi non esistono! però è bella questa dichiarazione, mi fa bene proprio oggi in cui il mio futuro più che precario è sospeso e improbabile. Espatrierò e aprirò un ristorante!

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