Roma.
Palazzo Barberini.
Galleria nazionale di arte antica.
Sala numero 9...
Alla mia sinistra c'è il Narciso di Caravaggio ed è chiaro che di Caravaggio non c'è nulla. Nulla di quell'arte che è davanti a me in Giuditta e Oloferne: davvero le due mani le vedo anche io, il che è tutto dire.
Caravaggio (attr), Narciso, 1597-99, olio su tela, cm 113,3x95 |
Però
Narciso ha il fascino sottile ed ipnotico di un'opera dominato
da una sintesi cromatica sapiente e potente che le riproduzioni non
restituiscono.
Dal
riflesso nell'acqua, al ginocchio, al corpetto ricamato, c'è un
climax virtuosistico totalmente estraneo a Caravaggio che usa spesso
un altro tipo di climax, quello espressivo.
Poi
c'è il colpo di genio che io non avevo mai notato: la mano destra di
Narciso è appoggiata e viene su diritta e salda, come fosse piantata
nel terreno, senza la spalla che è nascosta dal profilo del volto
del dolce ragazzo, cosi anonimo che viene da dire che sia
un'occasione sprecata.
L'avambraccio
sinistro, invece, potrebbe essere di "Caravaggio": infilato
in una manica bianca e vaporosa fa sporgere la spalla che avanza
verso di noi come se dovesse bucare la cm. tela; il gomito è arretrato e
il braccio ancora avanza verso di noi, non più grazie al colore ma
alla linea. Forse è solo “accademia” ma la mano, quella é
sublime: la mano sinistra di Narciso è dentro all'acqua mentre di
afferrare quel riflesso, denunciando un irrazionale e ardente
desiderio che non si accontenta più della sola visione della forma.
Le
due mani di Narciso:
una
di terra e una d'acqua; l'una piantata regge il corpo e l'altra,
affondata nell'acqua, lo perde. Chiunque sia il pittore che ha
trasposto in colore questa poesia è riuscito a dare un contributo
notevole a quel felice motto oraziano, tanto amato nel Seicento “ut
pictura poësis
“.
Giuditta
e Oloferne
invece sono proprio di Caravaggio e lo dichiara con certezza quella
figura ambigua e incoerente che sta, tagliata dalla cornice,
all'estrema destra davanti a Giuditta Un servitore ammutolito e
immobile dall'orrore cui assiste. Questo personaggio non ha ragione
d'essere nel racconto biblico ma svolge la funzione del
coro della tragedia greca. L'espressione e la fisionomia dichiarano
il ritratto da “camera oscura” che sicuramente non è stata usata
per Giuditta e per il corpo di Oloferne.
Caravaggio, Giuditta ed Oloferne, 1597-1600, olio su tela, cm. 145x195 |
L'espressione
dei due protagonisti, pur riconoscendola come “reale”, non
convince: pare una giustapposizione, un montaggio poco credibile.
Ne
soffre di molto la visione d'insieme della scena che, pur ricca di
particolari, pur abbondante di pathos, rivela una "regia poco
curata". Certamente inferiore ad altre opere a cui il passionale
e inquieto Caravaggio ci ha abituato.
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