mercoledì 19 marzo 2014

L'arte è la vita ( post con inizio e fine)

Ci sono storie inquietanti che sono le vite di alcuni artisti.
Tanto inquietanti che hanno spostano il baricentro dell'equilibrio della mia comprensione.
Così, dopo che ho conosciuto un pezzetto della storia di Paul Gauguin, mandare a quel paese chi mette alla prova la mia pazienza continua ad essere facilissimo, ma la porta rimane aperta di un pochino. così  può essere riaperta o non si esclude questa possibilità.
Ed è una fregatura cosmica.
Gauguin è un uomo della globalizzazione ante litteram-è cresciuto tra Parigi e il Perù- è un rivoluzionario, ottimista ad oltranza: uno di quelli che quando si guarda allo specchio, la mattina, pensa di aver visto tutto il mondo!
Bel carattere, dice lui; un passerino scomodo, dice di lui il resto del mondo!
Paul ad un certo punto sposa una danese, mette su famiglia, lavora a Parigi prima come agente di cambio presso l'Agenzia Bertin, poi come bancario presso Bourdon.
Nel frattempo colleziona quadri e dipinge.
Poi arriva il momento di non ritorno: non arriva per tutti l'annus horribilis (cit.)?
Qual è il vostro annus horribilis?
Comunque per Paul Gauguin è il 1883. Quando, al crollo della borsa di Parigi segue il suo licenziamento e il suo successivo fallimento.
Così prende una decisione di quelle estreme: manda la moglie con i 3 figli, più una in arrivo a casa, a Copenaghen, dai suoi genitori e cambia totalmente vita.
Fa un ragionamento facile facile e lo persegue per tutta la vita, che è meno facile.
Comunque il ragionamento è: "la vita all'occidentale, la vita della città, è complessa e snervante, non possiamo dipendere dal denaro e dalle sovrastrutture (non pensa con la parola "sovrastrutture"), bisogna vivere a contatto con la natura e vivere ai suoi ritmi".
Ecco, poi dopo averlo detto, fa la cosa difficile: lo mette in pratica, ma soprattutto fa l'artista cioè inizia a dipingere questa sua idea della vita e lo fa con una intensità che diventa "religiosa". (Era la moda dell'epoca: si dipinge con religiosa devozione robe che non c'entrano nulla con "la religione": Gauguin , Van Gogh e Matisse.)
Comincia ricercare luoghi in cui le persone vivono semplicemente, li raggiunge, sperimenta la vita semplice... poi la dipinge e si dipinge
Ok, ci siamo. Un'idea forte e controcorrente, una formazione artistica irregolare e non accademica, il rifiuto per l'impressionismo: l'arte "di moda " a quel tempo ( e nel nostro tempo- Linea d'ombra docet!-) al quale ha inizialmente aderito. Infatti, dopo aver esposto alle mostre impressioniste, ripudia il rappresentare la superficie, la città e la celebrazione della borghesia.

 Direi che ci siano tutti gli ingredienti per.. fallire miseramente e per trovarsi a fare la fame.
Va a Pont Aven, in Bretagna, presso una comunità piuttosto antimoderna e inizia quel curioso dialogo antiprogresso tra le figure. Le ragazze "naturali", non contaminate dalle convenzioni della città, non posano e girano le spalle al pittore -solo Maddaleine Bernard, sorella del pittore amico Emile Bernard, è in posa e si mostra all'estrema sinistra- con le mani giute e il rossetto sulle labbra a testimoniare il suo modus parigino.
Comunque Paul è uno sperimentatore, sta cercando la sua personale strada e anche a Pont Aven scalpita, è insoddisfatto e ... fa fatica a mettere insieme il pranzo con la cena.
Parte, va nelle due nuove colonie francesi: prima a Panama poi in Martinica.
Ecco, tutta questa era una premessa per arrivare fin qui, in Martinica.
Il paesaggio, la luce, la natura, tutto è diverso e Gauguin da' l'ultimo calcio ai pochi residui impressionisti che ancora lo legavano alla sua pseudo formazione pittorica.
Gauguin dipinge e scrive lettere, racconta cosa fa e cosa vede. Scrive e dipinge.
In una lettera, esaltato dalla meraviglia in cui è immerso, dagli stimoli nuovi, dal veder realizzata "la sua religione della vita naturale" scrive: " Qui tutti sono felici, anche le persone che lavorano duramente, lo fanno cantando".
La prova della felicità è che cantano: Gauguin non aveva indentificato il canto degli schiavi che scandiscono ritmicamente il lavoro incessante.
Non aveva visto, non si era accorto, non era interessato alla questione?
Ha usato un linguaggio impreciso?
Di fatto resta in Martinica 4 mesi e non accenna al duro lavoro degli schiavi, non ne parla mai, nemmeno di passaggio.
La sua pittura non si interessa di alcuna denuncia sociale come quella di molti suoi contemporanei: questo è evidente.
Perchè scrive quella frase qui, non si sa. Di fatto tutta la produzione epistolare di Gauguin è caratterizzata da una visione idilliaca, ottimistica a tratti euforica, che non corrispose con la realtà della vita vissuta: dominata spesso da stenti, abbandoni e delusioni.
Gauguin, probabilmente è trai primi artisti che si racconta con la consapevolezza che la vera opera d'arte è la vita.

Ecco allora la conclusione (dall'arte alla vita) è che tra l'esperienza e la sua comprensione ci corre un mondo, quello che sperimento non è quello che comprendo. "ma te l'ho detto! come fai a non capire?"
Tra il pensiero e l'espressione del pensiero... c'è una differenza abissale. Tra l'espressione e la comprensione di questo poi...
 Insomma quella fessura che rimane sulla soglia, quando proprio la porta è lì lì per sbattere e chiudersi definitivamente, è tutta colpa di  quel comunicatore strabico di Gauguin. Lui, il più cosmopolita dei pittori dell'Ottocento, quello che si preoccupa di comunicare la diversità, il propagatore di un'idea di vita felice, l'inventore del sincretismo,...ha frainteso la gioia con lo strazio della schiavitù!
Forse allora se la comunicazione tra le persone è imperfetta bisogna attendere una seconda o terza volta, forse... o forse è tempo perso!


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