Infine propongo la lettura di due opere della Galleria Estense attraverso la storia di Cenerentola per iflettere sulla funzione delle opere religiose nell'educazione delle fanciulle.
Educare sull'esempio della Vergine Maria
Educare sull'esempio della Vergine Maria
Giovanni
Francesco Caroto (1480-1555) , Madonna
che cuce, 1501, olio su tela, 48x39cm
Questa è la
prima opera nota del giovane Caroto datata 1501. In essa la lezione del suo
maestro Liberale da Verona, si uniscono alle caratteristiche della pittura del
Mantegna.
La plasticità
scultorea di Caroto è alleviata dal motivo insistente nelle pieghe degli abiti
che denunciano un decorativismo grafico, poco incline a mostrare le forme
anatomiche ma tesa ad ingentilire la tridimensionalità dei corpi attraverso
motivi di simmetria (busto) o del ritmo
(intorno alla vita).
Il gesto del
bambino, in equilibrio sulle ginocchia delle madre, ci rimanda al ricco lessico
dei gesti di tenerezza, mentre la figura troppo schiacciata di san Giovannino è
tradizionalmente ripresa con la crocetta e il cartiglio, che dichiara il
riconoscimento dell’”agnello di Dio”. Anche l’iconografia di Maria che cuce è
antica e molto amata proprio per la capacità d’immedesimazione delle donne che
ravvisavano nell’attività della santa Vergine un’occupazione domestica
famigliare.
Come Cenerentola: la Madonna è l'opposto di Eva: incorruttibile e lontana da
propensioni all’amore carnale; è madre, come da ogni donna si pretende per
riconoscerle un ruolo sociale di utilità. La madonna cuce, il che significa che
simbolicamente essa tiene insieme i fili che reggono l'esistenza: a questo
erano destinate le donne di alto lignaggio, tenute lontane dalla vita pubblica
Ma-donna,
mia-donna deriva da domina cioè padrona; in amore domina diviene la “padrona
del cuore” e Cenerentola è la padrona del cuore di un principe.
Una donna è
vera ma-donna quando si dedica ai lavori donneschi e modella la propria
esistenza sulla mitezza e sulla subordinazione. Cenerentola, recando su di sé
tutti questi attributi, impersona il più efficace modello della donna
sottomessa alla volontà e al potere maschile.
Approfondimento
Necessarie
per procreare, le donne sono state piuttosto assimilate ad Eva o a Maria, a
seconda che di loro si volesse evidenziare la pericolosità derivante dalla
carnalità oppure la disposizione all’obbedienza. In entrambi i casi, comunque,
l’obiettivo -sociale, culturale, religioso, politico- era il controllo delle
donne. Tenute per secoli volutamente ignoranti (salvo qualche rudimento di
istruzione delle classi nobiliari per accrescerne il valore di mercato), alle donne
si chiedeva di assumere espressione e portamento dimesso perché in esso vi si
leggesse con chiarezza come il modello di riferimento fosse la castità mariana.
Ma, essendo
di natura fragili e instabili, come secondo i più la seduzione nell’Eden delle
origini testimoniava, difficilmente le donne avrebbero saputo o potuto
raggiungere l’elevatezza di Maria. Perché allora non trasformare la donna in
una eterna penitente come il culto della Maddalena poteva garantire?
Questa
figura, oscillando tra la perdizione a
cui si era abbandonata nel suo passato e la dedizione che l’aveva redenta,
sintetizzava al meglio lo status in cui era bene che vivesse la donna. Inoltre,
essendo il perdono e il riscatto elargizioni di pertinenza maschile, era
consequenziale che ogni resistenza poteva essere facilmente fiaccata o
annoverata tra le devianze da reprimere. E come in un gioco delle parti, la
vita delle donne gravitava tra la proibizione e il controllo esercitati dalle
istituzioni, tra la protezione e il possesso esercitati dalle famiglie. Senza
considerare che il controllo e il possesso esercitati sul corpo erano causa di
sofferenza per l’anima. In ogni caso, di Maddalena la visione canonica aveva
taciuto la predilezione del Maestro nei suoi confronti proprio per la mente
speculativa che questa donna possedeva. Maddalena nella leggenda era Eva e
Maria, ma nella storia era soprattutto la donna che aveva dimostrato quanto la
capacità di elevarsi o degradarsi fosse universale e non legata al genere.
Se, come
qualcuno afferma, Eva rappresenta la donna che ama il potere da cui si lascia
sedurre, allora a questo modello vanno ascritte le regine. Non c’è memoria che
qualcuna di esse si sia data peso di riconoscere la condizione miseranda delle
donne del proprio tempo e di migliorarla. La loro distanza dalla vita materiale
poteva renderle buone amministratrici dello Stato ma non certo interpreti del
malessere e della subordinazione sociale a cui le donne erano condannate. La
sacralità che avvolgeva le loro persone talvolta le ha rese protagoniste di
favole o emblemi di virtù ma mai veicoli dell’elargizione e del riconoscimento
di diritti. Alle altre, alle donne comuni non toccava, né per sorte né per
concessione, la sublimazione di quel male di vivere da cui erano afflitte.
Educare alla vita matrimoniale come massima realizzazione
Marco Meloni
( documentato dal 1498 al 1541), Pala Rangoni, 1490-99, olio su tela, 162,5x134.
Madonna con
Bambino in trono tra san Girolamo (a sinistra), san Giovanni Battista (a
destra) e i donatori Nicolò Rangoni e Bianca Bentivoglio.
L’identificazione
dei committenti è descritta a chiare lettere nell’iscrizione affissa alla
predella del trono su cui siede la Vergine: “Nicoleus iuncti Blancha-que
coniugio” = Nicolò e Bianca congiunti in matrimonio. Dalla iscrizione si data
l’opera prima del 1500, anno della morte di Nicolò Rangoni
Giunta alla
Galleria dapprima nel 1901 in seguito al sequestro giudiziale ai danni dei
marchesi Rangoni Macchiavelli accusati, poi assolti, del reato di clandestina
esportazione di oggetti d’arte di grande pregio artistico e storico; l’opera
venne poi acquistata definitivamente nel 1908.
La sacra conversazione è inserita sotto una architettura essenziale, austera,
che inquadra i santi bloccandoli nella loro assorta immobilità, ma ne esalta i
valori plastici potenti che la posa addolcisce.
Maria,
eterea, si distacca per i colori freddi dai due santi col mantello rosso e con
la testa equilibra lo sbilanciamento del bambino proteso verso il Battista
I donatori,
in ginocchio, sembrano avere due funzioni del tutto diverse: Nicolò Rangoni
riprende con la sua veste e la posa la solenne staticità del santo sopra di lui
come a ripercorrerne i contorni senza imitarne la grandezza. Bianca Bentivoglio
esce da quella fissità grazie al contrasto tra la posa del corpo e lo scarto
del volto che si rivolge all’osservatore con una naturalezza che la fa sembrare
unica, viva e vivace.
Come Cenerentola: lo scopo dell’educazione delle nobili giovani era il matrimonio. Se
le figlie erano più d’una e non si disponeva della possibilità di fornirle di
una dote ragguardevole, si preferiva mandarne qualcuna in convento. Il motivo
del “declassamento” di Cenerentola (unica figlia di un padre vedovo) a favore
delle sorellastre probabilmente designa il desiderio della matrigna di far
contrarre un buon matrimonio alle sue figlie eliminando ogni possibile confronto
o concorrenza con Cenerentola. Per ottenere ciò non dà una educazione adeguata
alla sua figliastra in modo tale che non avrebbe saputo affrontare un debutto
in società.
Altro segno
del declassamento di Cenerentola da figlia a serva è la perdita del nome,
sostituito da un soprannome. In generale questa abitudine è espressione di una
visione umoristica o denigratoria di una persona e la definisce per una
caratteristica individuale fisica o legata alle mansioni domestiche (ad es.
Zezzolla in Basile, Cenerentola in Perrault e nei fratelli Grimm): nella fiaba
il soprannome annulla “l’attributo sociale” di figlia e quindi il
riconoscimento e il legame parentale con i genitori.
Prima parte: http://artendmore.blogspot.it/2013/05/cenerentola-alla-galleria-estense-1.html
seconda parte: http://artendmore.blogspot.it/2013/08/leggere-alcune-opere-della-galleria.html
seconda parte: http://artendmore.blogspot.it/2013/08/leggere-alcune-opere-della-galleria.html
Nessun commento:
Posta un commento