Leggere alcune opere della Galleria Estense attraverso
la storia di Cenerentola è stato un modo per analizzare usi, costumi
tradizioni, scelte culturali, modalità educative, tra il Quattro e il Seicento,
attraverso le fonti visive, ma anche un sottrarre la fiaba alle solite immagini
che alimentano il sogno e la rosea immaginazione.
Le “Cenerentole
dipinte” e il valore intrinseco delle altre
opere conservate alla Galleria costituiscono un arricchimento culturale per capire meglio ciò
che la fiaba oggi dice in modo implicito, cioè per far emergere quei concetti
che erano conosciuti alle destinatarie della fiaba: le donne in età da marito
contemporanee di Basile, Perrault e Grimm.
Modelli culturali, sociali, educativi e usanze di un
tempo costituiscono l’origine degli stereotipi di genere che ancora troviamo
nella società odierna: questi impediscono la parità di genere e la libera
espressione di ciascuno.
Contestualizzando la favola di Cenerentola, attraverso
i dipinti, utilizzati come fonte, abbiamo inteso leggere la fiaba e la cultura
che l’ha prodotta.
Apollonio di
Giovanni (1415-17-1465), Storia di
Griselda, metà del XV sec., tempera su tavola, 38x165.
Questa opera
non è nata per restare appesa sulla parete ma è, come svelano le sue
proporzioni allungate, la parte frontale di un cassone nuziale: un oggetto
d’arredo, che accompagnava la ricca sposa nella casa del marito, colmo della
parte di dote tessile: abiti, lenzuola, tovaglie …
I cassoni
erano gli armadi del tempo e arredavano le stanze private, custodendo ogni
genere di accessorio.
Ogg etti
simili a questa preziosa tavola dipinta, con un simile tema e -probabilmente-
lo stesso autore, sono conservati al Museo Correr di Venezia.
Questo è
giunto a Modena all’inizio dell’Ottocento grazie al legato di Tommaso degli
Obizzi del Catajo (PD).
Qui è
rappresentata una parte della novella di Griselda: l’ultima delle cento storie
narrate nel Decameron di Boccaccio.
Gualtieri di
Saluzzo è un gentiluomo ricco e superbo che, incoraggiato dagli amici (prima
scena a sinistra), si risolve di prendere moglie.
Così sposa
Griselda, una donna poverissima incontrata per caso (scena centrale).
La loro
unione è contraddistinta dal carattere mite e remissivo di Griselda che mai si
ribella agli inganni e alle angherie sempre più umilianti del marito; questi,
questo dopo averla maltrattata in tutti i modi, la manda via, per sposare
un’altra donna; Griselda se ne va restituendo l’anello nuziale e ogni altra
cosa perché, come ricorda al marito, lei non aveva nulla quando venne ad
abitare con lui (ultima scena a destra).
La narrazione
dipinta finisce qui ed è particolarmente significativo questo stralcio
drammatico, di una storia, che presa nella su interezza, è a lieto fine: sul
cassone, che accompagnava la ragazza nella casa del marito, era illustrato un
monito severo che non condanna l’ingiusto comportamento del marito ma mette in
risalto la sottomissione assoluta della moglie, fino al suo allontanamento
ingiustificato.
La forma
della tavola, ben si conforma alla divisione del racconto in tre parti: le due
laterali sono inquadrate tra due edifici, mentre la storia al centro lascia lo
spazio ad un panorama più ampio. Quest’ultima si espande sullo sfondo con una
scena di caccia che completa la descrizione della condizione di prestigio
sociale di Gualtieri già evidenziata dalle vesti ricche e dorate.
La numerosa
corte, la ricchezza d’abbigliamento, le cavalcature equipaggiate con finimenti
dorati, forniscono un evidente contrasto con l’umile Griselda che in entrambi
gli episodi è a piedi, è sola, posta in direzione contraria rispetto alla
folla.
La capacità
narrativa è brillante, efficace, quasi aneddottica. Pur mantenendo la cura dei
particolari, tipica del movimento del Gotico internazionale, Apollonio di
Giovanni esprime una verve narrativa efficace anche nello sguardo d’insieme
-che si coglie prontamente già ad una certa distanza- riuscendo a equilibrare pieni e vuoti, cromie –soprattutto i rossi e
l’oro- che imprimono un ritmo già, di per sé, narrativo.
Da vicino, la
concentrazione minuta e preziosa che cesella particolari ricercati e naturali,
dona alla tavola la preziosità di una miniatura.
Come Cenerentola: Griselda è una sorta di Cenerentola, ma la sua è una storia con
accenti più duri e meno fiabeschi perché rappresenta in forma più realistica
(com’è lo stile di Boccaccio) una società governata da valori, costumi e
stereotipi sociali legati ad un modello patriarcale e lontano da ogni intento
rivoluzionario.
Nella
novella, come nella fiaba, si evidenziano le differenze sociali e di genere che
sono dure a morire, come dimostra il contesto storico in cui nasce la fiaba,
ben più tardo rispetto al Decameron. Nella durezza del reale, infatti,
non vi è alcuna magia capace di mitigare le condizioni della donna, ad essa si
fa credere che magica è la sottomissione e la docilità. Qualche volta può
esserlo anche la fuga nella fantasia del sogno.
Approfondimento
Gualtieri, marchese di Saluzzo, sotto la
pressione degli amici e dei sudditi sceglie come moglie una giovane di nome Griselda, che è guardiana di pecore.
In poco tempo Griselda, dolce di carattere e gentile d’animo, vince i pregiudizi
legati alla sua estrazione sociale. Consumate le nozze, rimane incinta e dà alla luce una bambina.
Crudeltà e desiderio di prevaricazione portano Gualtieri a sottoporre Griselda
ad una serie di durissime prove. Dapprima le racconta che il popolo critica la
sua appartenenza popolare e poi aggiunge che anche la bambina è mal vista in
quanto figlia di una popolana.
La giovane mostra saggezza e forza d'animo di
fronte a tali affermazioni, atteggiamento che Griselda mantiene anche quando
Gualtieri manda un parente a portarle via la bambina che, le viene detto, sarà
messa a morte. Griselda non fa trapelare
alcuna inquietudine e sopporta con fierezza ed orgoglio la propria sorte.
Lo stesso meccanismo perverso si ripete quando
Griselda partorisce un maschietto. Infatti, pur essendo l’erede desiderato,
Gualtieri con lo stesso pretesto fa portare via anche il secondogenito e lo dà
per morto. In realtà si tratta di un inganno in quanto i due bambini sono stati
affidati alle cure e all’educazione di un parente di Bologna.
Non ancora soddisfatto, il marchese ripudia la
moglie e le annuncia l’imminente matrimonio con una donna socialmente degna di
lui perciò le ordina di tornarsene da dove è venuta, di spogliarsi perfino
degli abiti che indossa.
Griselda con
fermezza e dignità rammenta al marito di aver considerato come
sua unica dote il proprio corpo e che quindi non le sarebbe stato doloroso
separarsi dalle cose che lui le ha consentito di usare. Una sola cosa riteneva
indispensabile in quel momento: una camicia con cui coprirsi, visto che non
aveva più la verginità posseduta all’ingresso in quella casa. Ottenuto ciò,
Griselda lascia la casa di Gualtieri.
Il marchese, però, lungi dal sentirsi appagato
dai tormenti e dalle umiliazioni che ha
inflitto alla moglie, richiama i due figli da Bologna e fa credere a
tutti che la figlia dodicenne era la sua futura sposa. Inoltre ordina a
Griselda di essere serva della futura
seconda moglie e di preparare tutto l’occorrente per le
nozze.
Ancora una volta Griselda mostra fermezza, magnanimità e
mansuetudine di fronte all’arroganza del potere ostentata dal marito.
Gualtieri, a questo
punto, commosso dalla fierezza della moglie, le rivela la verità:
i figli non sono mai stati uccisi e sono lì davanti a lei; inoltre, dopo aver
confessato che il suo comportamento è stato dettato dalla paura di sposare una
donna che non gli si addicesse, chiede a Griselda di tornare a vivere a corte e
di accoglierlo come marito.
Follia? Crudeltà? Spregiudicatezza? Dominio?
Quale ragione spinge Gualtieri a quella cocciuta volontà di umiliare e
prevaricare?
È lo stesso Gualtieri che lo confessa: la condizione di paura crea in lui le condizioni per il
dispiegarsi di un desiderio violento, irrazionale e incontrollabile di dominio
assoluto di ciò che teme. E in questa novella ad essere temuta è la donna.
Ludovico Carracci (1555-1619), Laura Dianti, olio su tela
Laura Dianti
è figlia di un berrettaio amata dal duca Alfonso I d'Este.
Questi, dopo la morte della seconda moglie Lucrezia
Borgia avvenuta nel 1519, non volle risposarsi, ma -come scrisse L. A. Muratori
- "mise gli occhi sopra una giovinetta, nata da povero e basso artefice,
ma dotata di rare doti sia di animo che di corpo...". Nel 1520, quando
iniziò la relazione, Laura Dianti doveva avere circa vent'anni ( Alfonso 43).
Il primo scritto che ci documenta il rapporto tra i due è
datato 4 ottobre 1524, e parla di una donazione alla giovane donna.
Laura abitò al palazzina della Rosa, che il duca Alfonso,
secondo il Muratori, le fece appositamente costruire. Dalla relazione, durata
13 anni, nacquero due figli, Alfonso nel 1527 e Alfonsino nel 1530, che il duca
si preoccupò di legittimare espressamente nel testamento del 1533.
Non è dato sapere se i due si siano legati in matrimonio
segreto perchè non fu ritrovato alcun documento, quel che sappiamo è che Laura
si firmava Laura Eustochia d’Este o Laura Estense.
La mancanza del riconoscimento dell’unione da parte del
papa (e quindi della legittimità dei
discendenti) fu il motivo per cui gli Estensi furono costretti dal papa
a lasciare e dovettero trasferirsi a Modena.
Di Laura esiste un ritratto di Tiziano -citato anche da
Vasari- conservato nella Collezione Kisters a Kreuzlingen (Germania). Da questo
furono tratte almeno 5 copie fra cui quella conservata a Ferrara e questa,
della Galleria Estense, attribuita a Ludovico Carracci.
La rappresentazione di Laura è del tutto simile a quella
di una duchessa per il ricco abito, la sontuosa acconciatura e per essere
accompagnata da un paggetto nero, anch’esso riccamente vestito.
Come Cenerentola: Laura fu una vera e
propria Cenerentola scelta e amata dal Duca Estense nonostante la differenza di
classe sociale e di età. Il loro fu un amore clandestino, tanto che la leggenda
racconta che Alfonso raggiungeva la palazzina della Rosa attraverso un passaggio
segreto. Non nella fiaba, ma nella realtà questo principe ha elevato la sua
Cenerentola facendola ritrarre nel fiore della maturità e con abiti che ne
nobilitano l'aspetto; inoltre, assegnandole un paggetto nero, l’ha resa parte
di uno stato sociale che non aveva, ma che di fatto poteva voler dire che non
tutti i tratti nobiliari provengono dal censo e dal casato.
Ma le fiabe hanno vita lunga se rimangono fiabe: nella
realtà alla morte del duca, questa Cenerentola, amata e nobilitata nel
ritratto, è tornata nell’ombra dell’anonimato e su di lei è calato il silenzio
della Storia e della società.
Frans Pourbus il giovane (1569-1622), Infanta Anna di Spagna, 1602, olio su tela, 56x42
La donna qui ritratta non è univocamente riconosciuto come Anna, figlia di Filippo III re di Spagna e moglie di Luigi XIII di Francia, alcuni riconoscono in questa giovane Cristina di Savoia o Elisabetta di Francia
Il dipinto è chiaramente celebrativo, è del tipo che veniva commissionato da regine e imperatrici perché fosse inviato alle corti alleate e presso famigliari. Questi dipinti hanno caratteri propri come l’esibizione di ricchezze esclusive che si manifestano soprattutto negli abiti e negli accessori. In questo caso è evidente l’abito in pesante broccato d’oro con moltissime perle lungo tutte le cuciture del corpetto, molto aderente e che termina sull’ampia gonna con una profonda punta sul bacino. Le maniche sono caratterizzate da un triplice strato: la camicia sotto, la manica con i tagli e le soprammaniche aperte sul davanti. Preziosissimo il collo che fa corpo unico con la scollatura in quanto entrambi sono caratterizzati da diversi strati di pizzi e batista inamidati, ripresi nei polsini delle maniche.
E’ davvero difficile capire dove iniziano i gioielli e finisce il vestito perché, come si è detto, l’abito è basato sulla pesantezza dell’oro (del broccato) e delle perle in contrasto con la leggera abbondanza dei pizzi.
Il girocollo di perle è ripreso da un’altra collana, più lunga e posta sotto il collo di pizzo, trattenuta tra le dita che accarezzano una delle tre grosse perle a goccia che ornano la grande e preziosa croce; le gocce perlacee riprendono le due uguali che pendono dagli orecchini.
I capelli biondi arricciati incorniciano un viso roseo rotondo e ancora infantile ornati solo da rosette in tessuto di raso rosso che richiamano quella nella scollatura.
Come Cenerentola.
Il risalto che ha l’abito nella fiaba di Cenerentola, richiama il legame con questo dipinto di cui proprio l’abito sembra il protagonista. Di fatto l’abbigliamento di Cenerentola, di pertinenza di un ceto esclusivo, le consente di essere presentata nella società adulta. Ma come in tutte le fiabe, anche qui è presentato un modello educativo e quindi l’abito riveste un significato più complesso e simbolico: rende Cenerentola degna di “riscuotere” il premio che si deve a chi è stato virtuoso e di godere del risarcimento per i soprusi sopportati con mite sottomissione. Il premio di questa fiaba è il matrimonio con un principe e poco importa se il principe è soltanto colui che possiede il cuore di Cenerentola o se è di un antico lignaggio a cui può innalzare anche l’umile fanciulla.
Dubbi e ambiguità sono propri delle fiabe, non della Storia che documenta come i matrimoni avvenissero tra pari e fossero frutto di interessi politici o economici dai quali raramente nasceva una convivenza felice.
Il matrimonio aveva come finalità la procreazione ma la storia di Cenerentola non ne fa mai menzione concludendo semplicemente che i due “vissero felici e contenti”. Proprio questo, allora, deve indurre a pensare come la fiaba abbia “diseducato” generazioni di donne consegnandole a sogni e illusioni che nella realtà quasi mai hanno trovato conferma.
Bella l'idea di scegliere Cenerentola come un filo rosso che traccia il cammino tra le opere della Galleria Estense. Griselda e Laura Dianti: donne e situazioni profondamente diverse. Per Griselda il principe si trasforma in un mostro, per Laura nell'occasione di entrare in un mondo diverso. Forse su di lei è calato il silenzio della storia, ma non quello dell'arte: il ritratto di Tiziano l'ha fatta sopravvivere fino a noi.
RispondiEliminaps fuori tema: questo nuovo formato del blog è molto più semplice. Sono riuscita finalmente a inserirmi tra i tuoi lettori fissi e ora cerco di mettere il link nel mio.