mercoledì 7 novembre 2012

Parole e Pietre (e suoni)

 Post con colonna sonora dell'amico FAMU

Quest'estate ho letto, tra i mille, un libro che è scivolato
giù
giù,
diritto nel cuore.
Poi si è fermato lì, un poco di traverso,
è rimasto bloccato, incastrato.
Come un sussulto,
un desiderio nuovo e sconosciuto,
come appartenesse a quell'altra vita,
quella che non vivrò.
Pollock, Number one, 1948

è rimasto lì

un romanzetto di poche pagine,
nemmeno recente.

Milena Agus
"Mal di pietre"
2006 prima ed.
(ormai siamo alla sedicesima)
ed Nottetempo

Perchè poi succede che
le cose lette
si legano alle cose vissute
e il vivere di questi mesi
non è stato un vivere leggero.

Del resto neppure il vivere di "nonna"
fu mai cosa semplice
 tuttavia, "nonna"
ebbe un dono straordinario...

La capacità di legare 
la speranza al sogno
-con un filo
lungo,
ma infinitamente leggero,
resistente,
elastico,
capace riconoscere
la parte bella della realtà-
rendono la sua storia
poetica e sorprendente.

Nella infinita querelle tra 
le parole e le pietre
emerge quanto entrambe siano
elementi  ambigui
a metà strada tra la
costruzione e la distruzione.
La possibilità
di progredire
e di costruire
e,  al tempo stesso,
di dividere 
e di distruggere
suggerisce l'immagine antica
della Torre di Babele

E' il modo 
di concepire,
che ognuno 
liberamente
adotta
di volta in volta,
che può permettere
di considerare
la Torre biblica,
 opera di divisione tra le persone 
o architettura nata dall'incontro 
e dal difficile scambio tra le diversità.

Nessuno ha alcun motivo di ridefinirsi e di ricostruirsi se non 
è spinto dall'urgenza di una qualunque forma d'amore.