domenica 31 gennaio 2010

Dislessia & arte

La cosa più difficile da capire è che un dislessico ha un problema di decodifica di codici e non c'entra niente con la intelligenza...
Ho un bel da ripetermelo.
Poi c'è anche il fatto che la dislessia non è un malattia, non si guarisce.
Anche questo me lo ripeto da circa un anno.
Avrei avuto bisogno di parlare con mia nonna, e lei mi avrebbe guardato con gli occhi piccoli e annacquati dalla vecchiaia e dalla cataratta poi avrebbe detto "pchè murir" e basta!
"Peccato morire" perchè ce ne è sempre una da imparare, tutti i giorni.
Comunque bisogna che questo post io lo scriva perchè se no continuiamo a prenderci in giro.
Io scrivo perchè voglio vincere questa dislessia che ho scoperto solo poco tempo fa e che nella mia vita mi ha fatto tanto male e mi ha fatto tanto bene.
Ho scoperto di essere dislessica a 41 anni, non è passato un anno... quando è stata diagnosticata a mio figlio.
Non immaginavo di essere dislessica perchè la mia vicenda scolastica è abbastanza normale: un disastroso liceo, una faticosa, ma tutta mia, laurea in lettere moderne indirizzo filologico (e chissenefrega se ci ho messo 9 anni) e ho anche collaborato alla scrittura di una parte di un manuale di Storia dell'arte.
Così io l'ho saputo a 41 anni e mia madre a 71!
Qualcuno penserà che, a questo punto, non sia importante, invece lo è, eccome!
Perchè se mi metto a parlare con qualcuno che mi conosce da tanto tempo, compagne di scuola, di giochi, se mi metto a pensare alle umiliazioni e alle prese in giro di Covezzi (che insegnava italiano, ma non lo chiamo prof.) o di suor Lucia, che insegnava inglese a quelle brave, a me no perchè tanto non capivo niente (e non avevo i soldi per andare in Inghilterra d'estate), mi appare chiaro che queste cose hanno inciso profondamente in quello che sono e in quello che faccio oggi.
Adesso lo so che sono dislessica e probabilmente anche disgrafica, a giudicare dal fatto che all'università mi sono imposta di imparare a scrivere bene ricopiando gli appunti ogni giorno, e ho anche qualche problema coi numeri e le quantità, a giudicare dal fatto che non riesco proprio a visualizzare cifre alte o volumi, o riconoscere sinistra destra o tenere il ritmo...

Ho iniziato ad insegnare tardi, di questo ne parleremo un'altra volta, ma la prima cosa che ho capito è che la storia dell'arte è una disciplina fatta per i disturbi d'apprendimento! Sembra fatta apposta perchè è una mappa concettuale in se stessa.
Io non lo sapevo, a me piaceva e prendevo bei voti.
M'attraeva la simbologia, la complessità... racchiusa nell'immediatezza dell'immagine. Il concetto che, in un "disegno", ci fosse un discorso, mi ha sempre fatto impazzire, perchè ha il fascino della caccia al tesoro che valica i confini del tempo e dello spazio; è un enigma gentile che ti conquista mentre lo mediti e ti affascina mentre lo risolvi.
Soprattutto l'opera d'arte è una compagnia generosa, che si lascia maltrattare, che non si vendica se la interpreti male, ma si mette lì, in silenzio, a consolare il tuo bisogno di bellezza. A volte ci prova a insinuarti il dubbio, ma poi si accontenta di un'occhiata ogni tanto e non protesta, nemmeno quando la dimentichi. A dire il vero non sparisce del tutto, la lasci in fondo, sepolta d'altro, ma basta imbatterti casualmente in lei, perchè subito si manifesta l'idea di conoscerla, come un compagno d'asilo.
Ecco mi sono persa di nuovo...
Comunque il fatto è che, da dislessica, sono arrivata fino a qui, a impormi di scrivere per continuare a riflettere, magari a migliorare, o, per lo meno a non perdere quello che mi è stato insegnato, che ho imparato sulla scrittura.
Soprattutto quello che mi ha pazientemente insegnato Simona, mentre tentava di decodificare i miei pensieri involuti e confusi, di trasformarli in frasi intelligibili, da spedire all'editor durante la stesure del manuale.
Quella del manuale non è stata una cosa facile: anche perchè la fatica della scritturea era accompagnata dalla rabbia che si sedimenta nei banchi di scuola quella che, se non si rimuove, rimane e s'incancrenisce.
Quanto male fa il prof che dall'alto del suo sapere, convince l'allievo dell'incapacità? Può essere innocente, può essere superficiale in quest'azione di devastazine dell'autostima?
Scrivere per me significa fare i conti: prima di tutto con quell'antica rabbia della studentessa che -piena di idee, anche originali e degne di essere esposte- veniva sempre sanzionata perchè non riusciva a maneggiare il mezzo, poi con la frustrazione dell'università che mi ha costretta -con un banale inganno- ad evitare l'ennesima bocciatura allo scritto di italiano all'università (dopo 4 o 5 tentativi) e ha accettato un voto basso all'orale.
Quindi non c'è nulla da imparare in quello che scrivo, ne' penso siano cose intelligenti, sono solo una prova di scrittura, prima di tutto per convincermi che posso scrivere (e che incapace era chi mi insegnava a credermi tale) poi per potenziare e mantenere ciò che i quintali di libri che continuo a leggere, non riescono a trasmettermi: la punteggiatura, la facilità di scrittura, la consecutio dei verbi, il pensiero piano...
(immagini: Pablo Picasso Ritratto di Ambroise Vollard , 1909-1910, olio su tela, cm 92 x 65, Museo Puškin di Mosca. Marc Chagall, La Promenade, 1917-1918 - olio su tela, cm 170 x 163.5, State Russian Museum, St.Petersburg)

post di servizio








IMMAGINE DEL COMPITO
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2.Questa opera contiene caratteristiche palesi che ne facilitano la tua attribuzione:
a. descrivi attentamente il tema e prova ad azzardare un titolo (motiva con opere studiate la scelta)
b. avanza e motiva l'attribuzione di un autore (quale ragionamento ti ha portato a prendere una simile decisione)
c. inserisci l'opera in movimento artistico evidenziando BENE i motivi e le caratteristiche.
    d. definisci bene i caratteri stilistici e avvia paralleli con opere

sabato 30 gennaio 2010

Ridere a scuola

Ci sono molte cose che le persone serie, cioè quelle che hanno deciso di fare un mestiere vero, si perdono!
Oooooh certo anche quelli che hanno deciso di "rimanere a scuola" si perdono molto, ad esempio una bella vacanza in Grecia a fine maggio, la fioritura delle zagare in Sicila ad Aprile, la settimana bianca con i prezzi bassi e le piste da sci vuote...
Però, in casa mia, è così:  nessuno lavora e al mattino tutti si va a scuola!
A scuola c'è un sacco di gente e di solito c'è anche una bella allegria che si moltiplica a mano a mano che ci si allontana dalla sala insegnanti e dalla segreteria.
A scuola capita sempre qualcosa d'interessante e a volte si ride, ma proprio tanto!!!!!!!
Si ride per i motivi più diversi a volte solo perchè si è contenti e questo è sconsigliato, criticabile, perchè la scuola è un posto serio, dove si studia, dove si conserva e tramanda il sapere.
A me, questo sembra un buon motivo per sorridere e visto che io a scuola ci sto bene, le belle volte che rido... e proprio di cuore, anzi sghignazzo proprio.
Si dice che durante un cambio d'ora, mi si abbia visto ballare per le scale cantando "Baciami ancora" di Jovanotti, o che al Paradisi -nuova sede, pavimenti lucidi da specchiarsi- preferissi raggiungere la classe in scivolata. Io non ricordo assolutamente, però prima di smentire, dichiaro che trovo entrambe le ilazioni .. plausibili, se non addirittura probabili.
Penso che stare con tutta questa gente sia una esperienza interessante, che tende a diventare entusiasmante in quelle giornate dove tutto funziona, quando ognuno dà il meglio di sè.
... il che non è uguale a dire: "quando tutti studiano e sono disciplinati", ma piuttosto "quando tutti si sentono accolti, accettati" e regalano agli altri il loro lato migliore.

Le giornate peggiori sono quelle che precedono il "giudizio universale", quando ci si prepara alla separazione dei buoni e dei cattivi... ecco se potessi stare a casa lo farei volentieri, ma non si può.
Cosa succede a fine quadrimestre? Una successione esasperante e inutile di verfiche e interrogazioni a rotta di collo. Il risultato è sempre lo stesso, con le dovute eccezioni: se lo studente ha sempre studiato, il risultato è buono -ma lo sapevamo già- sono mesi che inanella lodi, elogi, domande intelligenti, voti positivi! Se, invece, lo studente non ha mai studiato anche questa sua ultima performance sarà, ahimè, negativa e anzi peggiore delle altre: per lo studio disorganizzato, per le nozioni non sedimentate, per la preparazione affrettata e a questo si unirà, per l'occasione, uno stato d'animo negativo dovuto alla stanchezza, all'ansia, alla consapevole disperazione, alla paura del risultato negativo.
Però la categoria "studenti bravi e studenti insufficienti" comprende pochissimi nomi, infatti, la "normalità" sta nella categoria "abbastanza bene e qualche volta male". Qui c'è la maggioranza.
Ecco questa è la categoria vivace cioè quella che si muove tra gli scalini della scala docimologica, esplora l'atteggiamento infuriato del genitore, si pregia del complimento del prof, sa cosa vuole dire sopportare l'onta del 2 e passare la notte a recuperarlo. costoro sono quelli esperti, che la scuola la sperimentano appieno senza privarsi dei piaceri della vita.
Ecco, lo so non dovrei esprimermi ma lo dico "scorrettamente", questi sono i migliori, indubbiamente!
Sono quelli che si permettono di dirti con la massima serietà che Il monaco in riva al mare è uno di Monaco di Baviera, lasciandoti sbalordita per un secondo, poi in preda al più delirante sghignazzo della giornata, per poi incastrarti in un ragionamento allucinante "va beh in fondo è romanticismo tedesco: poteva starci che fosse uno di Monaco...". ( Cosa è che ti fa provare, una dopo l'altra, le più estreme emozioni? L'arte!)
Questi sono quelli che, quando fai fare un ragiornamento sul tema mitologico nell'Ottocento e incautamente proponi Saturno che divora i suoi figli di Goya e La nascita di Venere di Cabanel, alzano la mano. "Dunque hai trovato un parallelo tra Saturno e la Venere? Dimmi..."
"l'orbita, è abbastanza parallela prof..."
Lo so avrei dovuto dargli un 2 , ma perchè? Goya e Cabanel rimangono quel che sono e una risata intelligente non toglie il sapere, anzi, aggiunge buon umore!

La prova dell'arte

Ero davvero spinta dalle migliori intenzioni!
Le consegne date, le opere spiegate, persino la visita d'istruzione agli Uffizi, il sito internet con immagini e dispense, alcune interrogazioni dove si era avuto il modo di puntualizzare...
Cosa mancava? Io li ador(av)o, loro mi apprezza(va)no... Mancava solo alleviare la tensione. Allora azzardo, preparo il compito "smorza tensione"...
Il compito vero, fotocopie da schifo... va beh proietto le immagini a colori e per chi preferisce ho anche qualche copia a colori, l'ho fatta a casa.
Il compito doveva essere una cosa da soddisfazione: di quelli che, quando lo hai fatto, sei al settimo cielo e se ti compare Daverio su Rai3 lo guardi con un misto di interesse e sufficienza:cioè tu hai attribuito e criticato 3 o 4 opere mai viste prima!
Un'endovena di autostima da cavallo!
Quindi tutto pronto, sono tesa anche io come sempre, ma durante l'intervallo devo ultimare l'interno del "ghetto", poi mi dicono le ultime novità del viaggio a Berlino, suona la campana e sono ancora lì nell'atrio. La classe invece è davanti all'aula e da qui improvvisano un coro "Prooooffff"
Saluto, entro e distribuisco il primo compito.
Avrei dovuto capirlo che non poteva funzionare:
Verifica di storia dell'arte

  • Cosa rappresenta la figura 10?
  • Metti a confronto la figura 3 con la figura 2.
  • Calcola quanti metri quadrati di tela ha fatto Caravaggio nella sua vita?
  • Considerando la pittura di Carracci e di Caravaggio, quanti, cani, quante capre, e quante mele sono raffigurate.Perchè?
  • Quanti km devi fare per visitare i luoghi dove sono collocate le opere che la prof ha spiegato dei Carracci e di Caravaggio?
  • Quante sono le opere di Caravaggio e dei Carracci che sono rimaste nel luogo di destinazione.
  • Adesso considera i minuti che hai perso e scrivi cosa pensi di te...
  • Non scrivere cosa pensi di me, e vai a prendere il foglio vero del compito. grazie

Ci hanno messo troppo ad arrivare in fondo qualcuno ha semplicemente scritto il nome ... non funziona una cosa così... dai!!!!

Ok finalmente si sente "è uno scherzo", lo guardo riconoscente e poi ho distribuisco il compito vero.

Lo guardano e, dopo meno di un secondo, iniziano a dire che non lo sanno fare, qualcuno addiritura consegna senza avere neppure guardato la seconda parte...

Chiedo che è successo: non hanno studiato la dispensa, NON HANNO STUDIATO LA DISPENSA? Perchè... mah, non si capisce... Sì, no, forse, io l'ho studiata ma non questa opera, no...

Non so, penso che sia colpa del fatto che l'aula e il video sia arrivata tardi, sicuramente loro hanno sottovalutato la materia, non mi hanno ascoltato, boh... ma io l'ho ripetuto 1000 volte, le dispense, le immagini...

Ma l'errore vero l'ho fatto dopo, quando ho distribuito la seconda parte e ho concesso loro: "fatelo a casa"... Me ne pentirò...

Poi ho continuato a spiegare, ma oggi è il giorno del non-ritorno!


mercoledì 27 gennaio 2010

26 gennaio L'arte del Ghetto.

Ok ci siamo. Sono le 13 e 45, suona l'ultima campana e tutto va bene...
mancano solo i pannelli e le immagini... praticamente manca tutto quello che è la struttura della mostra.
Va beh dai ma cosa c'entra???? Ci sono le idee, le menti, la voglia di lavorare!
Poi oggi è il mio compleanno! Dopo 4 ore di: torta + interrogazione, interrogazione, lezione più torte, pasticcini +lezione, sono carica ma davvero carica!
Dobbiamo ancora riprenderci dall'ultima trovata del direttore che... ooohhh sono arrivati i pannelli espositori!
Grande!
Perfetto iniziamo a montare, cominciamo a confrontarci.
Valentina e Maya, pur spaventate dagli espositori che ogni tanto cadono fragorosamente a terra, stanno concretizzando la geniale idea della prof. Notarangelo: scrivere sulla carta da pacco giallina le offese che, secondo le testimonianze venivano rivolte agli ebrei. Questa idea è piaciuta moltissimo alle monelle si stanno facendo una cultura internazionale, infatti la mitica prof. Pini le ha tradotte in 3 lingue (spagnolo, inglese e tedesco).
L'dea del poligono irregolare, con un concetto di dentro separato dal fuori, viene accolta e realizzata, arricchita.
Arriva Vittoria che, dopo una esitazione, inizia a lavorare a testa bassa rivelando una grande capacità manuale.
Valentina deve lasciarci ma ha fatto un ottimo lavoro!
Battute sagaci, minacce di chiudermi dentro al "ghetto", idee che sembrano geniali ma poi vengono accantonate, timide proposte che diventano geniali... a poco, a poco le idee diventano struttura, diventano esposizione...
Arrivano le stampe quando ormai cominciavamo a disperare. Provvidenzialmente il tipografo ha fraiteso e ne ha fatte 2 copie, così possiamo mettere le immagini degli ebrei dentro al ghetto e lasciarne altre fuori ma "nascoste" dietro ad un foglio "da lucido" che sopra ha una "parolaccia".
Il percorso della mostra è sostanzialmente il seguente: c'è una bellissima parte da leggere che, ogni tanto, è interrotta da "scritte offensive", ci sono immagini ma non si capiscono, per capirle devi alzare il foglio e togliere la scritta, cioè non devi accontentarti di guardare devi togliere il "pregiudizio-quello che gli altri dicono". I pannelli espositivi che chiariscono storicamente il concetto e l'evoluzione del ghetto sono snelli e ben coadiuvati da immagini significative. Ci sono testimonianza e immagini che spingono a meditare sulla costatazione che anche il nostro quotidiano ha costruito i ghetti eha ghettizzato uomini
C'è una porta con 3 buchi a forma di stella di Davide: se ti avvicini, se guardi dentro alla stella, scopri un"mondo" piccolo, disadorno, squallido pieno di scritte e con qualche immagine, sono le immagini degli ebrei, ma non solo, anche degli uomini "scarnificati" di Schiele. Se poi stai bene attento ti rendi conto che non vedi tutto...
Ma per guardare, per conoscere tutto il ghetto, lo capisci subito devi fare il giro del muro.
Ma, diciamoci la verità: hai tempo? hai voglia? ne vale la pena?
Che noia questo muro, che fastidio questo muro, è ingombrante, é anche impietoso, pieno di spazi bianchi, che non sono proprio bianchi... non sono decorosi...
Sono piccole pause per pensare... sono le pagine di quella storia che non si è fatta, di quella letteratura mai scritta, di quell'arte che non ci è arrivata, perchè quando s'interrompe il dialogo , quando si alzano muri e si chiudono le porte dei ghetti, si diventa più poveri.
Sono pagine che le classi riempiranno perchè faranno riflessioni a partire dai libri, a partire dalla mostra.
Ma mettiamo che si compia il giro e ci si lasci provocare dalle liriche di Levi e di Sofri e mettiamo che si sopporti di continuare il percorso senza trovare nulla di rassicurante e si giunga fino a quella strana finestra con tre feritoie... Allora si avrà un'altro punto di vista del ghetto e si noterà che per terra c'è qualcosa che parla di morte.
Il ghetto, il dentro del ghetto, non si vede tutto, ci sono due punti, due angoli che non si vedono...
chi sta fuori, anche se si sforza, non riesce a com-prendere con la vista. Al massimo si accorge che c'è del rosso, rosso come la sagoma sul pavimento. Qualcosa sfugge, certo che sfugge, se non entri non devi essere certo di aver capito fino in fondo, ma bisogna spesso accontentarsi di restare umilmente in attesa di una conoscenza diretta e senza preclusioni. In fondo l'uomo non è degno di rispetto perchè è comprensibile, ma perchè condivide la natura umana, lo spazio del mondo, l'esperienza del vivere il dolore, la nascita e la morte!

lunedì 25 gennaio 2010

25 gennaio L'arte nel ghetto

Farsi venire un'idea è sempre un dramma... Già!
Perchè, se devo fare una cosa in autonomia, è chiaro che l'ispirazione si realizza su qualcosa che ho già meditato, che ho, in qualche modo, riflettuto.
Ma una idea su commissione è sempre uno strazio...
Inserire l'arte nella riflessione sul "ghetto" si tratta, invece, di dare un volto ad idee proposte da altri ed elaborate insieme.
Sto parlando del "Ghetto nell'arte", di come si può conciliare questa antitesi di chiusura, di persone tra gli alti muri dei ghetti e la libertà creativa dell'arte...
Tra 2 giorni è la Giornata della Memoria che ha una rinomata tradizione nella scuola dove insegno ed io sono ancora qui a fare filosofia spicciola.
Alla fine ho prodotto, ma l'idea è arrivata ieri...! e non è una idea geniale, certo se mi veniva prima...
Ma non c'è niente da fare: prima, quando c'è tempo, il cervello non produce, si muove a tentoni, sembra in preda ad una reticenza dopo l'altra, ad un pudore inspiegabile, si fa mille remore, ne escono solo obbiezioni... Fino a che, quando ormai è tardi, arriva una idea che sembra funzionare. Allora tutto si sistema, i dubbi si allontanano assieme alle obiezioni, e si portan via la calma.
Ormai si lavora tra gli scarti che la precedente selezione aveva lasciato nell'angolo della mente.

Da dove viene l'idea? Sono sicura che non viene da me, ma dal fatto che ho fatto mie le cose dette, le esperienza fatte, i concetti studiati, le proposte suggerite da altri e inizialmente non capite o quelle considerate inizialmente non realizzabili, non pertinenti.
Questo è l'aspetto qualificante della equipe di lavoro, delle idee condivise, dei titoli di libri o di flim suggeriti, dei ragionamenti accennati ...questa è la meraviglia di imparare ad insegnare...

Quindi che si farà?... mah! domani pomeriggio si aprirà il laboratorio di idee e metteremo insieme i primi prodotti dei lavori, metteremo insieme le idee e soprattutto produrremmo un percorso.
Comunque la mia idea sarebbe la seguente:
gli espositori vengono messi a formare un poligono irregolare
All'esterno del poligono gli espositori sono rivestiti con un colore unico bianco o grigio e qui viene messo il percorso introduttivo edesplicativo che dice cosa è, come è nato il ghetto, dove erano e come erano alcuni i ghetti più significativi, le testimonianze testimoni, le leggi...
All'interno del poligono gli espositori vengono rivestiti di carta da pacco e qui si mettono le immagini di ebrei di Chagall e di altri artisti...
Non so se si potrà fare...

sabato 23 gennaio 2010

l'arte della frustrazione.

Il rapporto tra me ed Irene non è mai stato idilliaco, nemmeno all'inizio quando prendeva 10 e mi seguiva con grande interesse, però ad un certo punto è degenerato. Una penosa acredine... di quelle ruggini peggiorate dall'inutile ciarlare gallinesco che le donne, quando danno il peggio di sé, riescono a creare... nulla di cui vantarsi anche perchè una delle galline ero io in veste di permalosa-prof...
Finito l'anno l'avevo lasciata senza alcun rimpianto. Anzi ricordo che ero proprio fuggita dal liceo, dal suo ottuso e servile preside, da Irene e dalla sua classe di spocchiose liceali...con un paio di eccezioni che si erano fatte largo nel mio cuore.
Da allora non ho più rimesso piede in quella classe nemmeno quando la necessità mi ha costretto a varcare la soglia dell'istituto.
Poi, sulle pagine di FB, ho reincontrato Irene, altre sue compagne e altri frequentatori di quel liceo di provincia.
La foto non le assomiglia, e nemmeno le sue parole mi ricordano l'Irene liceale... solo una traccia nelle sue boutade pessimistiche.
Pochi contatti, pochi commenti, quasi tutti attraverso Micetta: stesso liceo, altra classe, altra studentessa sconosciuta ai tempi in cui insegnavo anche ad Irene. Micetta infatti era molto timida e, in quella classe, chiassosa e impermeabile anzi repellente alla passione artistica, sicuramente non si era fatta notare, anzi!... Però nella piazza virtuale si faceva notare eccome!
Qualche giorno fa Irene mi contatta per farmi i complimenti riguardo il blog, la invito a scrivere le sue impressioni...
Dal commento al post si arriva alla chat e mi si prospetta un adrammatica revisione di quell'anno scolastico così difficile, così impegnativo e frustrante.
Proffarte: Il blog è però un'esperienza frustrante sembra di scrivere “a vuoto”. Ed è dura, soprattutto per chi non sa scrivere come me. Infatti il blog è una esercitazione-sfida. Anche un mettermi alla berlina, sto continuando a misurarmi col limite, a prendermi in giro... però mi sembra di parlare a nessuno...
Irene: so cosa significa, ho 3 blog che sono praticamente morti. hihi. (non so se darle del lei o meno, quindi nel dubbio le do del lei come ad ogni prof!")
Io credo che i suoi post siano dei capolavori invece.
Proffarte: Adesso devo scrivere un po' di scemenze perchè Rembrandt ha steso qualche temerario... Dammi del tu, c'è una scadenza ad essere prof. ed io sono scaduta. Quindi sentiti libera di darmi del tu; puoi arrivare fino all'insulto...credo sia molto liberatorio.
Irene: ahhah. non credo. Io do del lei anche alle mie maestre delle elementari.
Comunque, ad essere sincera ho un rimpianto...
Proffarte: Rimpianti??? sono molto umani, sono il segno che poi si riflette e se si riflette senza cambiare è inutile.. ma che rimpianto hai?
Irene: si, infatti. Ho il rimpianto di non averla conosciuta quando era nostra prof
Proffarte: eeeheheheh???
Irene: già
Proffarte: che bello!
Irene: ora posso dirlo e nessuno potrà darmi della ruffiana... (dato che due anni fa mi son sentita dare della ruffiana parecchie volte)
Proffarte: siamo in famiglia allora! Nel senso che anche a me succede sempre, con gli studenti... Li conosco sempre tardi... nel tuo caso però è colpa dell'infame orario del liceo: a me non è mai piaciuto insegnare al classico, non per i ragazzi... ma per l'orario, con un'ora la settimana cosa vuoi fare? Mi sentivo una postina!
Irene: -.-
Proffarte: Ruffiana!?! Ma ti sei presa anche di peggio!?! ahahahah
Irene: si è vero, molto di peggio! Credo di essere una calamita per le polemiche e gli insulti =S
Comunque adoro il blog e come è scritto, finalmente si conosce cosa c'è nella testa di un professore
Proffarte: grazie è un complimento bellissimo.
Scusa, ho una cosa urgente da chiederti
Irene: si?
Proffarte: perchè ci siamo odiate? non mi ricordo più? non mi ricordo la vicenda ma so che ero parecchio arrabbiata e che era successo qualcosa in un consiglio di Classe, mi hai detto qualcosa come rappresentante di classe...
risolviamola così poi...
Irene: io non l'ho mai odiata o.o
Comunque la discussione era nata dal fatto che io avevo accidentalmente fatto cenno allo smarrimento dei registri
Proffarte: no, dai non era per quello? Ricordo la questione dei registri, ma non li avevo persi... erano andati dietro alla cassettiera, perchè il casetto era pienissimo, ma l'ho recuperato subito...c'era anche dell'altro dai???
Irene : eh, sì che io ero la portavoce e in classe mi avevano detto di farle notare che lei dava troppo da studiare. Infatti quell'anno ho litigato con Silvia, Livia e Sonia che insistevano sempre per questo.
Proffarte: quindi erano le tre Marie, le serpi?!?
No dai Livia no, non togliermi il mito???
Irene: si, e qualcun'altra...
Proffarte: dai spara!.. ormai... Illuminami, dimmi quanto è scarsa la mia capacità di entrare in empatia, dimmi come ho frainteso tutto... Dai ... sii crudele!
Irene: beh la Ferri
Proffarte: la Ferri... nome?
Irene: Susanna! Lei è la numero uno delle serpi!
Proffarte: La Ferri, ahhh ricordo , certo Susanna!!!
Ehhhhhhhhhh? Ma no !!! dai.. dici davvero? Ma non era lei la figlia di una prof?
Irene: esatto, la prof di matematica di mio cugino...
Proffarte: no dai... Sua madre... ah! ok.. infatti ci sta!
Irene: le persone, apparentemente, possono sembrare molto diverse da quello che sono.
Proffarte: volevo dirti una cosa che forse non ti ho mai detto, e se anche te l'ho detto, adesso ha un altro significato...
Irene: Dica..
Proffarte: Odio insegnare al classico!
Irene: ahaha xD
Proffarte: ma non per i colleghi, l'orario, le robe..... no, per i ragazzi! Sono falsi come Giuda Iscariota
Irene: ahahahhahaha. XD Beh non tutti ovviamente, la maggior parte si!
Proffarte: Ma non è una cosa strana dal momento che, al classico, vanno i figli dei falsi...! Il patrono degli studenti del classico è Giuda Iscariota... Adesso la smetto!
e adesso l'ammetto: le prof di arte, al classico, sono delle frustrate!
Irene: ahahhahahahahaaha XD
Proffarte: Comunque ho avuto anche io le mie colpe. Non si può fare la "prima donna" con un'ora di tempo: la passione ha bisogno di tempo! In un ora puoi solo infilzare con violenza le nozioni in zucche vuote, sempre che ne esista qualcuna... (io penso di no)
Però a me non importa delle nozioni se non sono sostenute dalla passione...
Irene: ahahhaha ma no!? Perchè?? A me piacevano le sue lezioni, mi ricordo perfettamente la prima volta che è entrata in classe...
Proffarte: ahahah certo, la prima lezione è la mia specialità. Capirai faccio la "prima lezione" almeno 3-4 volte tutti gli anni. Quell'anno famoso probabilmente era la 9 o 10 volta... Ma non ci hai creduto, vero? Era finzione: tutto studiato a tavolino. Solo che al classico, tutto si inasprisce, tutto si estremizza, con un ora alla settimana. Nella classe di Micetta, quando entravo a fare lezione, attaccavo alla porta il cartello che diceva circa così "vietato bussare o entrare, ho solo questa ora!"

Irene: ahahahahah è vero! e quella volta che ha mandato via quella prof che era entrata per sapere della gita a Roma? Si era arrabbiata tantissimo.
Proffarte: sìsì è vero! ma cosa vuoi che capisca una prof di latino e italiano? Come minimo ha tra le 5 e le 12 ore la settimana tra italiano, storia, geografia, latino e poi si azzarda a chiedere ore agli altri perchè deve interrogare, deve fare il tema... Ma sai, cosa vuoi? ha un programma infinito! E' sì certo 800 anni di letteratura italiana sono impegnativi! Mentre i 5000 anni di arte mondiale sono una bazzecola!

Irene: ahahahahah. Ma poi avete chiarito? Siete andate insieme in gita?

Proffarte: non ricordo se le ho più parlato. Ma di sicuro non è venuta in gita! Ed è stato un bene così sono andata con il prof Paesi, il cantante, che era sicuramente più simpatico di quella ...

Irene: Non che ci voglia molto...

Proffarte: posso mettere sul blog questa nostra conversazione
Irene: ahahhaha certo
Proffarte: maaa?... stavo pensando ... alle tre Marie... per la privacy ...mi ricorderesti anche i cognomi?????
Irene: ahhahahahaha XD

(Immagine: Tiziano, Allegoria della Prudenza, 1565, olio su tela, cm 76x68, Londra, National Gallery)

martedì 19 gennaio 2010

una rivolta creativa: Rembrandt (3 ed ultima parte)

Il dipinto che ci dimostra fin dove arriva la creazione di Rembrandt è una tavola piccola, piccola, che si trova oggi in un museo meraviglioso di Parigi (Musée Jacquemart-André). In quest’opera Rembrandt fa il suo atto di fede.. non solo nella pittura ma anche in noi, in noi che osserviamo il dipinto.

Qui si compie l’atto più moderno del Maestro: se raffigurare significa “mettere in luce” quante possibilità abbiamo di rappresentare?
Esiste la possibilità di raffigurare la materia-caos-oscuro che non è ancora emerso alla luce. C’è un’altra possibilità? forse sì...se materia non fosse affidata alla funzione visiva, o almeno non solo affidata agli occhi...
Ecco, qui è espressa questa seconda possibilità, ma il gioco è più complesso.
Qui il tema e lo stile sono uniti tanto intrinsecamente che non è possibile distinguerli.
Il tema è l’incapacità dei due discepoli di Emmaus di riconoscere il loro Maestro. L'episodio del Vangelo racconta che questi due non riconobbero Gesù nonstante fosse davanti a loro, camminasse con loro, parlasse loro. Il motivo è semplice: era morto in croce due giorni prima, come poteva essere lì insieme a loro?
Improvvisamente, mentre cenavano nella osteria, una luce squarcia la stanza.. La luce non investe Gesù, che rimane in ombra, ma il suo profilo è preciso ed dettagliato. Investe invece uno dei due discepoli che finalmente raggiunto dalla luce-illuminazione divina riconosce, non attraverso i sensi, non con gli occhi, ma con la fede, Cristo Risorto. E anche noi dobbiamo fare la “stessa” esperienza perché qui manca qualcosa e in questo elemento mancante c'è l'invito di Rembrandt che dice “adesso tocca a te!”
Ma ti sei montato la testa Rembrandt? Sei impazzito ? chi ti credi di essere?
“Eheh”, qualcuno sogghigna...
E’ vero l’ho detto io... era l’assioma...
Non serve spremersi le meningi, non è un rebus, tutti sanno che i discepoli di Emmaus sono due e noi ne vediamo -con gli occhi- solo uno. Dell’altro, che sbalordito si è gettato ai piedi di Gesù, rimane un contorno di capelli sul tovagliolo. Questo è fatto solo di materia-caos-non-luce e noi non lo “vediamo” ma, attraverso la mente, cioè la conoscenza, sappiamo che c’è...
E dopo... è arrivato Picasso!

una rivolta creativa Rembrandt (2 parte)

La luce: Rembrandt non la raffigura, la crea! ... con la polvere del pigmento e, come il Dio di Michelangelo, la divide dalle tenebre e allora “tutto” emerge.
Quella del Maestro non è la luce che noi vediamo: la luce è invece il mezzo che ci permette di vedere la creazione, il creato... il dipinto che emerge dal caos-materia-oscura.
Se osserviamol'Autoritratto del '56 capiamo il valore che la luce ha per Rembrandt. E’ il valore della visione, la magia che crea e ordina la materia.
Proprio attraverso l’autoritratto possiamo avviare altre due considerazioni basilari:
1. la creazione di Rembrandt non è solo relativa al corpo ma è anche di “verità ... anima e cervello ” (e vai con le citazioni colte “Serenata rap” di Jovanotti) e ci torniamo sopra dopo
2. Rembrandt è il primo pittore che si libera, e non ci credo che lo faccia inconsapevolmente, del peso della bellezza ideale. Proprio perché a Roma non c’è stato, proprio perché -se mi permettete- a lui, del classico, non gliene frega! E allora si sofferma sulla somiglianza, sul naso a patata, sulle rughe ovunque, ma soprattutto sotto agli occhi che guardano profondi e consapevoli quel modello. Come si osserva, come si guarda, come si analizza spietato: si ricrea col colore ed emerge alla luce senza la lusinga della celebrazione. Ecco, se dovessimo fare l’elenco dei pittori che guardava Rembrandt, Rubens non c’è, sembra che lo schifasse proprio (non tutto: aveva comperato una sua opera ed era andato ad abitare in una sua casa), troppa invenzione, troppa carne, troppa approssimazione... troppo chiassoso!

Rembrandt rappresenta anche il silenzio della creazione: da vero protestante, ha una religiosità meditata e legata al Libro, come creatore non riproduce immagini ma da vita a sentimenti emozioni cioè ricrea ciò che è Umanità -o meglio- quel bagliore di divino che si è insinuato nell’anima del creato.
In Sansone e Dalila del '29 è raffigurato, non tanto l’evento del taglio dei capelli, ma l’amore tra i due: è un amore vero, passionale, sensuale, erotico. Un amore che davvero ci turba perché Rembrandt ha deciso di non illustrare il passo biblico e nemmeno un sermone che spiega la sua morale... No questo è il film che si è fatto Rembrandt che di donne, a quanto pare, "ci sapeva". Chiaramente si è chiesto: “come era ridotto ‘sto Sansone per farsi tagliare i capelli e diventare una nuffia?”(Poi si è risposto) “Era perso, si era preso una di quelle sbandate, che la metà bastava, per quella ...bella ragazza della Dalila, che ci stava, eccome se ci stava...”
Guarda lì che posa: la faccia di Sansone tuffata tra le cosce... da paura! altro che capelli, la testa poteva mozzargli! Altro che Bibbia, il Kamasutra!
Però Dalila non è mica “una di quelle”, da come tiene i capelli si vede che le dispiace... accarezza i ricci con le punta delle dita e appare proprio che non è cattiva del tutto: è un po’ cattiva e un po’ buona. E’ Eva!
Ma quanto silenzio! Il soldato è lì dietro che cammina in punta di piedi e Dalila sta trattenendo il respiro... se le forbici cigolano... siamo fregati e si deve ricominciare da capo con tutta la Storia della Salvezza!!!

una rivolta creativa: Rembrandt (1 parte)

(questa lezione, divisa in tre parti, costituisce un regalo che feci un anno e mezzo fa ad una paziente editor che ebbe la sventura di imbattersi in me... Con un sorriso ricordo questo stressante ma fertilissimo periodo)
Oggi iniziamo Rembrandt.
...
...
La prima cosa da dire è che costui ha un nome stranissimo: Rembrandt è infatti il nome di battesimo come Tiziano, Michelangelo e Raffaello (non come Caravaggio).
Il suo nome completo è tanto lungo che occupa quasi una riga e questo è un problema grosso ma se non ve lo spiego voi vi chiederete tutta la vita “ma costui come si chiama di nome?" (perché il vostro punto di riferimento è Rubens, Bernini, Da Cortona: tutti cognomi).
Visto che in questo momento siamo in piena rivolta creativa ve lo scrivo tutto bene: Rembrandt Harmenszoon van Rijn, cioè Rembrandt, che era un nome strano anche nel suo tempo. Si vede che il babbo di Rembrandt ha fatto la stessa scelta che ho fatto io. che ho chiamato Abramo il mio primogenito, così quando lo chiamava si sapeva chi voleva: lo sapeva lui e lo sapeva tutto il quartiere. Vuoi mettere la differenza? “Pietro Paolo (questo è il babbo di Rubens) vieni a mettere a posto i colori!!”; dieci ragazzini lasciavano palla, corda, soldatini in piazza e correvano a casa. Poi quasi tutti se ne uscivano di nuovo perché i colori non ce li avevano nemmeno! Solo quello di casa Rubens era il Pietro Paolo interessato.
Harmen è il babbo, che dà il nome originale, e di mestiere fa il mugnaio! Harmenszoon significa quindi il figlio di Harmen. Questo uso, di chiamarsi col nome del padre, lo troviamo ancora oggi in molti paesi (... discussione)
Poi c’è il cognome... "c’è da spiegare anche il cognome?" Nelle rivolte creative si spiega anche il cognome!
Perché tanto è particolare il nome tanto banale è il cognome: Rijn è il nome del fiume Reno in olandese.
Essendo figlio di un mugnaio Rembrandt non solo si chiamava “del Reno” di cognome ma anche abitava sulla sponda di uno degli innumerevoli bracci del Reno il che equivaleva, nel Seicento, ad abitare sull’autostrada del Sole o dentro all’aereoporto di Fiumicino. Il Reno, come gli altri fiumi navigabili erano la più grande strada di navigazione, via di trasporto merce, di trasporto persone, forza motrice... e cosa fa il nostro figlio di Harmen "del Reno"? Non si muove dall’Olanda per tutta la vita!
E allora cosa ce ne facciamo di un figlio di mugnaio (senza nemmeno un gatto per entrare nella favola) che ha il nome più strano del mondo e il cognome più convenzionale d’Europa, che da Leida, dove nasce e cresce, si sposta solo una volta per continuare, fino alla morte, ad abitare ad Amsterdam?
Aspettiamo, come sempre, a dare giudizi, sentiamo cosa dice un brillante critico d’arte: “Rembrandt è il più grande creatore… dopo Dio.”
Calma, calma... lo so, i gusti personali, le esagerazioni dei critici... ok.
Ma facciamo finta che questo sia il nostro punto di partenza: l’assioma che serve per costruire la nostra teoria. Se non sembrerà convincente la distruggiamo tutta.
Analizziamo quindi il nostro assioma: Rembrandt è un creatore, il migliore dopo dio.
Beh per prima cosa ci viene in mente il fatto che nessuno ha detto questa cosa di Michelangelo, che con Dio pare essere in confidenza tanto che è l’unico che di Dio ci fa vedere il “sedere” e sappiamo per certo che Dio non se l’è presa per niente...
Se degli altri pittori è sempre fondamentale analizzare la loro formazione e le influenze che seguirono, per Rembrandt questa analisi non vale più.
Rembrandt spiazza e lo fa perché ci rendiamo conto che lo spieghiamo attraverso Turner, attraverso gli impressionisti e questa cosa non va bene non è scientifica. Potremmo capirci di più se avesse visto Tiziano, le sue ultime opere, almeno per "foto"! Ma li, a Leida-Amstredam... aveva a disposizione una roba tutta diversa, Van Dick, Rubens, Franz Hals, Durer. Ma non ce ne facciamo di niente per spiegare quello che fa questo figlio di un mugnaio.
Naturalmente non è proprio così: la camera oscura deve averla usata parecchio e se non ha anche mai visto Caravaggio, deve aver guardato Gerrit van Horntorst con mooooolto interesse.
Quando siamo davanti alle opere di Rembrandt, ci ricordiamo della luce di Caravaggio e cogliamo quello che il Merisi avrebbe voluto raffigurare –oltre a quello che ci ha esplicitato il nostro critico d’arte- e allora capiamo che Caravaggio ha usato un codice, una convenzione, che rimanda a Rembrandt (come una pazzesca corsa –a fari spenti nella notte (by Battisti)- in contromano, da multa didattica!).

fine prima parte

venerdì 15 gennaio 2010

la lettura dell'immagine (ossia Schama ti amo)

Imperterrita insisto, insisto a fare leggere Simon Schama ai miei studenti di quinta.
Simon Schama mi ha conquistata e ne sono ancora perdutamente innamorata ...nonostante ci dividano 23 anni e tutta la Francia, ci unisce l'amore per l'arte o meglio, ci unisce il Potere dell'arte!
Quello che dice Schama è legge e se, qualche volta, non concordo perfettamente (ecco tanto per non smentirmi...) con i contenuti, è assolutamente perfetto il modo con cui dipinge le sue critiche. Schama è sublime, ha una capacità evocativa unica, non è mai eccessivo a meno che non descriva l'eccesso, non sminuisce mai; le sue frasi colme di sinestesie sono davvero capaci di annunciare efficacemente quello che gli occhi vedranno, quando saranno davati all'opera originale, e a guidare lo sguardo e la mente nel godimento dell'opera.
Soprattutto egli scava imperterrito sotto ad ogni storia, mito, leggenda o personaggio ritratto. Così il dipinto diviene fruibile come un libro.
Schama mi è stato presentato, da un amico tanti anni fa, come autore di un libro che ha un titolo assolutamente affascinante: Gli occhi di Rembrandt.
Non fu amore a prima vista, lo confesso! Quel tomo di 800 pagine, non mi convinse ma, rimaero impresse nella memoria, la copertina d'oro, le pagine patinate con bellissime foto a colori e la passione con cui lo leggeva il mio amico!
Quando, dopo qualche anno, lo riconobbi sugli scaffai di una bancarella, lo acquistai e caddi nell'inestricabile trama del fascinoso racconto: Gli occhi di Rembrandt, che strano titolo!?
Analizzare un pittore dalla sua capacità di guardare... mi pareva fosse più interessante la sua capacità di riprodurre, di eseguire, erano più interessanto le sue mani.
E infatti ..., sbagliavo!
Quando poi presi a leggere della famosa Lezione di anatomia del dottor Tulp, capii che questo era proprio quello che io cercavo, io la storia dell'arte la volevo sapere così...
Schama ci dice tutto del dottor Tulp, anche l'insegna che stava davanti a casa sua o cosa era disegnato sulla porta della carrozza, ci dice chi è il morto sezionato nella lezione e per quale motivo sia finito lì e poi come lo racconta, come lo dice...
Dopo Schama mi fu chiaro che lo stile e il tema erano legati in una maniera inestricabile perchè la necessità del messaggio è preponderante...
Dopo Schama mi fu chiara la differenza tra descrizione e critica d'arte.
Allora perchè negare questa esperienza agli studenti di quinta? Sarebbe una cattiveria!

Schama è difficile e necessita di una lettura lenta, ma apre infinite finestre.
Schama è lontano dalla vuota affabulazione che si compiace unicamente del vuoto suono delle parole complesse.
Schama contestualizza l'opera e non rinnega mai il difficile recupero della destinazione.
La difficoltà di Schama dipende dall'essere abituati alla lettura dei manuali, che stanno al testo critico come l'omogenizzato ad un piatto di tortellini fumanti.
Quindi leggere qualche pagina de "Il potere dell'arte" in classe, non è un'operazione che scoraggia ma piuttosto un omaggio alla età adulta che gli studenti stanno raggiungendo.

una medicina per la fragilità

Entro a scuola e mi trovo nell'indistinto vociare. Entro a scuola e i piedi non se ne accorgono perchè la pavimentazione è quella della palladiana. Salgo le scale e individuo subito la coppia dell'anno, poi le ragazze di 3, a sinistra c'è qualcuno della 5 A a destra quelli della 5B. Alla seconda rampa non c'è più nessuno e inizio a pensare: "sono a scuola".
Le colleghe della sala insegnanti, la bidella migliore-del-mondo già al suo posto di comando, e io non vedo l'ora di lasciarmi tutto "il fuori" alle spalle ed entrare in classe.
Invece di entrare in classe, me ne accorgo subito "esco" in classe: la prima fila è una vetrina del centro, i vestiti all'ultima moda, i musini truccati, ma non troppo e i capelli perfetti; Filippo non parla con nessuno, Camilla è contro il termo e guarda fuori, Ludovica parla con l'amica ma è davvero disgustata. La faccia di Melissa è troppo seria, Claire e Jaqueline sono nascoste dietro, perchè hanno la faccia nei libri, nessuno si è accorto che sono lì.
Tre passi indietro e sono nel corridoio, busso con forza sulla porta aperta per attirare l'attenzione. Voci, sedie, passi, voci: in 2 secondi ciascuno è al suo posto, in piedi, dietro al banco; Matteo è ancora girato a parlare col compagno e Ivan resta seduto sicuro di non essere notato, anzi ormai lo fa per essere notato, per quel saluto speciale che viene rivolto a lui prima degli altri. Guardo Ivan, che mi sorride e si alza, aspetto che Matteo decida di prendermi in considerazione; saluto, ci siediamo e prendo fuori il registro.
Arriva Patrizia e si siede accanto a Giorgia che le regala un bel sorriso. Francesco sbadiglia e Luca prende l'astuccio, Mohamed si aggiusta sulla sedia e dice qualcosa a Monica, che pare infastidita.
Chiudo il registro e leggo un brano di un libro.
"...Questa non è la cattedrale... la cattedrale la pagano i nobili e la città; questa chiesa, invece, che sarà ancora più importante e più bella della cattedrale, la paga e la costruisce il popolo"..."Se non è una cattedrale ... che cos'è?". " E' la nuova chiesa che il quartiere della Ribera sta costruendo in segno di ringraziamento e di devozione a Nostra Signora la Vergine..."
...
Metto il segno e, per fare sedimentare quella pagina che sarà l'oggetto della lezione, faccio l'appello: una domanda a ciascuno.
Mentre rispondono cominciano a vedersi, uno dopo l'altro i sorrisi.
Non sorride Camilla che pare avere dormito poco e ha davanti un libro con troppi numeri, per essere di arte! Mi accosto, la guardo, chiudo il libro e le chiedo cosa ne pensa dell'incipit della lezione...
"Potrebbe anche essere interessante, ma adesso ho problemi più urgenti!"
"Hai ragione Camilla, tu stessa non sai quanto hai ragione!" al suo sguardo interrogativo rispondono 23 risate ...

mercoledì 13 gennaio 2010

il bastone e la carota per misurare un fallimento

Dedicato a Michela che ha preso una decisione: io pur non concordando, la rispetto profondamente, convinta che solo lei e la sua famiglia sappiano quello che è meglio fare adesso ma anche certa che io avrei dovuto fare di più e meglio.
Mi dispiace non avere avuto il tempo di seminare con più abbondanza, di non aver sempre ascoltato e guardato con attenzione, di non aver incoraggiato sufficientemente...
Alla fine dispiace perchè la scuola pubblica è un luogo in cui TUTTI devono trovare lo spazio per crescere e maturare e se anche solo uno ( ma per quel che mi riguarda quest'anno siamo a quota 4) se ne va è una scuola che non è del tutto accogliente ( e allora non è del tutto pubblica? non lo so!)

"salve prof...alla fine ho deciso di ritirarmi...ho parlato con la vice preside e anche lei mi ha consigliato di lasciare;... La mattina mi sveglio già con la paura di venire a scuola e non riesco a venire, non riesco più a concentrarmi e a studiare bene e quindi è meglio se provo in un altro modo. La Prof M... mi ha detto che non posso iscrivermi al serale perchè è troppo tardi, ma che posso andare in una scuola privata che mi prepara per dare l'esame a giugno da privatista insieme a quelli del sirio. Sono andata alla scuola privata e ho parlato con la preside la quale mi ha detto che per loro non ci sono problemi, ... Mi sembra forse la scelta migliore da fare per non perdere l'anno. La ringrazio per tutto quello che ha fatto per me, ...
... ci tenevo a dirle 2 cose...
Innanzitutto la ringrazio per tutto ciò che ha fatto per me; lei è un'insegnante con la I maiuscola, è un mito; ha un modo di insegnare l'arte che è semplicemente fantastico, le confesso che come materie non mi era mai piaciuta alle medie e quindi quando ho saputo che in terza l'avrei fatta non ero felice, ma poi quando abbiamo iniziato le prime lezione mi sono appassionata alla materia, cosa che non mi era mai successa prima, e anche se non sempre sono andata bene lei mi ha dato sempre la possibilità di recuperare e di riprovarci e ciò mi ha fatto molto bene, in questo modo ho scoperto un sacco di cose sull'arte che mi hanno lasciata senza parole (tant'è che domenica ho deciso di andare a Firenze e andrò a vedere le opere che abbiamo fatto in terza=)). Oltre ad essere un'ottima insegnante lei è anche un'ottima persona; è capace di risollevare una persona con una semplice battuta, ha un carattere d'oro che mi ha insegnato tanto a livello personale oltre che scolastico. Sono felicissima di averla avuta come insegnante, è la migliore prof di arte che si possa mai avere. Mi dispiace un sacco lasciare la scuola anche per lei perchè mi sono sempre trovata benissimo ed è sempre riuscita a farmi capire le cose. La ringrazio per tutto ciò che ha fatto per me, è semplicemente unica. un bacio. A presto. Miky
(immagine L.E. Melendez, Servizio per il cioccolato, 1770, olio su tela, 50x36,5 cm, Museo del Prado, Madrid)

martedì 12 gennaio 2010

l'obiettivo segreto

Non so cosa pensa il "mondo fuori" della gita scolastica. Intanto devo dire che ha cambiato nome, si chiama visita d'istruzione e a me questo piace molto.
A qualcuno suonerà strano però a me piace essere prof. anche fuori dalla scuola: il rapporto che lega me ai miei ragazzi è il rapporto della docenza quindi, mi pare scontato che, se esco dal sicuro e rassicurante edificio scolastico, lo faccio esclusivamente per continuare ad insegnare Storia dell'arte.
Quando si esce si fanno grandi lezioni, anzi finalmente si fa lezione.
La storia dell'arte, a scuola, non si può fare! Propriamente a scuola si dovrebbe fare "Lettura delle riproduzioni d'immagini artistiche".
A scuola si va avanti a forza di finzioni, è come fare letteratura italiana senza mai leggere le opere ma sempre attraverso riassunti, o studiare le lingue straniere parlando solo italiano.
Quindi il secondo obbiettivo della visita d'istruzione, nel mio caso, è conoscere l'opera d'arte e i luoghi dell'arte, dal vero!
Il concetto importante è che lo studente deve, ad un certo punto della sua progressione d'apprendimento, fare i conti con i problemi che lo studio comporta -come la differenza che c'è tra l'immagine riprodotta e l'opera originale fatta dall'artista o la destinazione originaria e una collocazione attuale dell'opera- perchè studiare arte non è apprendere un insieme di nozioni.
Banalmente l'incontro con l'arte supera abbondantemente il concetto di addentrarsi nella bellezza e incarna piuttosto la ricerca originale e profonda di come idee, pensieri, concetti, messaggi vengano trasformati in immagini attraverso i secoli...
Ma come è possibile arrivare a fare capire ciò con una visita d'istruzione all'anno? Come con solo due ore la settimana?
Magari lo sapessi, infatti non sempre si riesce, ma le probabilità aumentano se si utilizza obiettivo segreto, quello che non è mai scritto,quello che a me interessa davvero: sperimentare la felicità di essere intelligenti e la meraviglia di comunicarlo agli altri.
Non chiedetemi cosa c'entra... ma che senso ha insegnare una cosa se quando l'hai imparata sei uguale a prima?
Che interesse hai ad approfondire la tua cultura se questa è fonte d'isolamento?
Che interesse c'è nella fatica della visita ai luoghi d'arte se non sperimenti contestualmente che, attraverso questa esperienza, ti senti parte di un gruppo e insieme condividi un sapere "esclusivo"?
A Firenze, ieri, i ragazzi hanno esposto con competenza (variabile ma comunque sempre accettabile) le opere che erano state loro assegnate, hanno ragionato con interesse sulla città, sono stati puntuali e sono stati ragazzi ... ma ecco quest'ultimo punto non è un'alibi, è una nota di qualità.
Cioè c'erano e c'erano interamente: con ansie, situazioni difficili , competenze, curiosità, amori in corso, voglia di divertirsi e la voglia di ridere, di trasformare una giornata di studio in una giornata indimenticabile e bellissima.
Da anni giro con i ragazzi nei musei e li ascolto mentre mi raccontano le opere, mentre si mettono di fronte all'originale e spiegano a me e ai compagni un'opera. Subito dopo succede la magia: l'esperienza di studio si trasforma in autentica allegria.
Un'allegria semplice e non imposta, che non nasce dallo sballo ma, al contrario, dalla constazione di essere intelligenti, di essere capaci e di essere considerati tali.
Un divertimento che scaturisce dall'aver fatto un'esperienza "esclusiva", che è stata preparata con passione e impegno... insomma il divertimento fatto col cervello è il mio primo obiettivo, quello che rimane segreto...
(immagine: "La nuda verità" particolare da S. Botticelli "La calunnia", 1496, olio su tela, 62x91 cm, Galleria degli Uffizi, Firenze)

lunedì 11 gennaio 2010

un'aula di arte

La scuola in cui lavoro quest'anno ha "dovuto" smantellare, o meglio, convertire in aula per ospitare una nuova classe prima, il laboratorio di arte.
Da quando ho accettato la supplenza annuale e sono venuta al corrente della immensa perdita mi sono mobilitata per riaverla.
Ho fatto di tutto: mi sono informata, ho prodotto progetti, ho chiesto, pregato e protestato, da sola, con altri colleghi e con gli studenti. Tutto al fine di arredare un'aula libera e innalzarla al rango di AULA-LABORATORIO: "LA STORIA A COLORI".
Il materiale che serve alla trasformazione è il seguente: computer, videoproiettore, collegamento ad internet oltre al muro bianco per la proiezione che già è disponibile ele sedie con ribalta per scrivere.
I soldi ci sono, il preside ha firmato. Tutto è a posto.
Oggi, 11 gennaio 2010, dopo oltre 4 mesi non c'è ancora niente.
Qualcuno vuole sapere il motivo?
Il direttore amministrativo non vuole! Il direttore amministrativo un giorno fa l'ordine del materiale e il giorno dopo lo disdice, il direttore amministrativo... no, dico, amministrativo...!

Domani andiamo agli Uffizi a Firenze: "Prof, finalmente, il nostro laboratorio!"
Alla faccia del direttore!

domenica 10 gennaio 2010

Quanto bisogno c'è di storia dell'arte? firmato Pinocchio

E' vero, l'arte non ha bisogno di essere spiegata a scuola! E' giusto!
In un periodo di crisi, come questo, bisogna andare al sodo ! La storia dell'arte? E' bene che lasci il passo a materie più importanti, direi più concrete, quelle che se c'investi poi ti danno soldi, denaro, contanti...
Anche perché, in fondo, a cosa serve? Bastano gli occhi per guardare e poi il resto, se ti interessa, lo studi da solo. Se non ti interessa che so, vai a mangiare e a bere.
No, davvero, dico sul serio, la gastronomia e l'enologia sono importanti nel nostro paese e non è che allora si pretende di insegnarle a scuola... chi è interessato ad approfondire l'argomento va... che ne so... in edicola e prende i suoi bravi fascicoli, li raccoglie, li legge.
Oppure va in biblioteca oppure... su internet! Ecco, giusto, su internet: lì c'è tutto.
Quindi faremo così anche noi, ammalati d'arte, andiamo su internet e lì c'è tutto.
Quindi vuoi andare a fare una gita, che ne so, a Ravenna?
Vai su internet, in un portale sicuro, mi raccomando!
Ad esempio quello ufficiale che si chiama esattamente così: sito ufficiale del turismo in Italia, poi c'è per certificazione la stellina della Repubblica e la firma di garanzia: Ministero del Turismo.
OOOh siamo sicuri, siamo dentro ad una botte di ferro!
Ancora un paio di secondi e avremo la nostra certificata "guida artistica": un click su "Le Regioni", un click su "Emilia Romagna", e un ultimo click su "COSA VEDERE".
In fondo troviamo scritto:
Un altro sito che conta ben 8 edifici riconosciti dall’ Unesco come Patrimonio dell’Umanità è Ravenna, la città dei mosaici. I capolavori di questa città sono un esempio della magnificenza acquisita nel ‘600, periodo in cui la città ha svolto il ruolo di capitale. Tra questi ricordiamo la Basilica Barocca di S. Apollinare Nuovo, il gotico Mausoleo di Teodorico e la Basilica di S. Apollinare in Classe con i suoi mosaici meravigliosi
(Nella foto il mausoleo di Teodorico, che essendo goto, non poteva aver altro che un mausoleo gotico, ci va da sè)

Non so chi abbia scritto questo brano di potente ignoranza, ma è tanto bislacco che non fa nemmeno ridere. Voto 2 (se non menzionava l'Unesco era 1)

Segnalazione tratta da friendfeed e da senzaggettivi

meditazioni in aereo (9-12-2009) 2 parte

I maestri di Turner in definitiva non ci sono... e questo è un bel sollievo!
La mostra è ben fatta, curata e meticolosa ma non ho visto il Turner anticipatore del Novecento, quello non c'era, c'era invece il Turner più corretto, "a modino", computo , molto inglese; quello che strizza un occhio a Constable e l'altro al committente.
Quel Turner che è più estremo e che si studia sui libri me lo sono andata a cercare, dopo la mostra, nelle stanze della meravigliosa Tate Britan.
Quindi questa mostra vale un viaggio a Londra? ma proprio sì! vale spesa del bed & breakfast? beh, ecco, visto il postaccio... su quello forse... ma si poteva comunque evitare il B&B Golden Star!
E davvero è indispensabile recuperare ciò che, insegnando, si cerca di dimenticare: non esiste la pittura romantica, non esiste la pittura di Turner, bensì esistono dipinti che devono essere contestualizzati, che hanno una loro genesi e sono lì a mostrarci un momento, una traccia, un modo di raffigurare il pensiero, la natura, la vita.
Rubens, Rembrand, Tiziano, Poussin, Canaletto... non stupisce che i grandi maestri del colore, delle epopee sontuose, dei sentimenti potenti, della luce che si riflette nel mare della laguna, siano stati i maestri dell'attento e irriverente Turner: ha imparato il gesto, il colore, ha studiato e ripreso temi e iconografie, ma soprattutto è progressivamente diventato, da artista che era, autore.
Spesso si parla di lui come il precursore degli impressionisti: è vero entrambi ci trasmettono la poetica della luce che diventa colore , ma Turner è uomo del suo tempo, è davvero romantico e, al contrario dei "freddi" impressionisti che tentano di essere oggettivi riproduttori della luce che si fa colore, Turner riscalda la luce e la interpreta con quella meravigliosa soggettività che è il forte sentire.
L'accostamento dei quadri esposti è sapiente: i dipinti sono accostati per temi, quasi sempre nel dipinto di Turner si scorge un pizzico d'inquietudine. E' lo sguardo del pittore che continua a collocare il punto di vista all'interno del dipinto. Così lo spettatore, al pari dei suoi personaggi ritratti, rimane coinvolto: in balia delle onde o sotto lo straziante chiaro di luna, a tu per tu con la sacra famiglia, abbagliato dalla luce dell'alba... Di tela in tela continua a fare l'esperienza di realtà spaziali che non sono davanti a lui ma lo risucchiano, tendono ad accerchiarlo e lo spettatore rimane lì dentro senza averlo nemmeno voluto, ma attraverso questa personale immersione, il suo guardare è diventato sentire.

martedì 5 gennaio 2010

arte & ghetto


Se dovessi dire quali, tra le esperienze della scuola superiore, è la più qualificante, interessante, ricca culturalmente e nuova...beh, senza esitazioni risponderei: "i progetti interdisciplinari!". E subito dopo aggiungerei una parola come spiegazione -perché nel sentire la parola progetto ad ogni insegnante parte il link: perdita di tempo- "curricolari". Parlo di quei progetti felici che, partendo dal programma curricolare o ministeriale, che dir si voglia, sono aperti e condivisi a più discipline: quindi gli insegnanti "lavorano in equipe". Ma questo è tutt'altro che un felice idillio è invece un'attentato, anzi la distruzione del concetto tradizionale d'insegnamento, presupposto fondamentale del concetto tradizionale di Professore (e di questo si tratterà in altro momento).
Insegnamento interdisciplinare significa aprire la propria competenza ai colleghi che, ti regalano la loro, ma soprattutto ti costringono ad ammettere che esistono tante cose che, della tua disciplina, ancora ignori e quindi ti stimolano a studiare... che meraviglia: il prof. studia!
Significa che devi ascoltare il collega quando parla ma anche lo studente quando ti fa notare che esiste un collegamento tra quello che hai appena detto e quello che diceva la prof di matematica o di inglese.
Significa che,, qualche volta i compiti li fai fare in lingua inglese e li correggi insieme alla collega di inglese che è disponibile a imparare qualcosa di arte e, mentre correggi il tuo studente, impari un sacco di cose e continui ad aggiungere link ai tuoi saperi. Soprattutto però inizi a guardare la disciplina che insegni da altri punti di vista...
Ci sono infinite cose che gli insegnanti possono fare insieme, in equipe, aggiungendo competenze ad altre competenze...
Ma ce ne è una che davvero non riesco a concretizzare, ci ho pensato, ripensato, sono 3 mesi che cerco...proprio non riesco a capire come fare a partecipare con la storia dell'arte alla Giornata della memoria 2010, quando la mia scuola ragionerà sul ghetto e io come mi inserisco?
So che diversi artisti hanno raffigurato il ghetto, quello di Venezia ad esempio, ma non mi sembra molto significativo. So che molti degli artisti del Novecento hanno origini ebraiche.
So dell'arte degenerata, va bene ma... mi chiedo il ghetto, la divisione l'innalzare barriere per non entrare in contatto con altre culture...c'è un dipinto, un autore che documenta questo?
O piuttosto l'arte documenta il contrario per sua stessa definizione?
Va beh, io continuo a scrivere e a fermare pensieri alla ricerca dell'illuminazione..

Il Ghetto ci appare come il simbolo della chiusura di una società ormai passata che, non comprendendole, chiude ed esclude una parte di persone che sono portatrici di tradizioni, religioni, usanze e modi differenti di vita.
Il ghetto è la concretizzazione della decisione di una parte di società di bastare a se stessa, di non avere bisogno dell'altro, dimostrando la paura a confrontarsi.
Una società che si chiude non vuole capire quindi non accetta e, di conseguenza, rifiuta il diverso fino a mandarlo via o ad eliminarlo.
Questo atteggiamento è drammatico quando si compie nei confronti di una persona ma appare addirittura insensato quando è diretto ad un popolo.
La storia ci ha affidato, tra le altre, la lunga storia del popolo ebreo (o ebraico?) dalla sua nascita, raccontata nella bibbia, alla diaspora che si studia nei manuali di storia, fino alla chiusura nei ghetti delle città di questo popolo di usurai-banchieri. Nella prima metà del XX secolo la lunga vicenda del popolo eletto ha un tragico capitolo: il progetto, realizzato in parte, dello sterminio sistematico nei campi nazisti.
Questo momento della storia dell'umanità non ha tuttavia determinato la fine della segregazione, la tragica esperienza non è maestra di vita e oggi dobbiamo fare i conti con nuovi ghetti.
Troviamo ancora muri e ancora steccati che dalle nostre città si sono trasferiti nella nostra mentalità, spuntano come funghi e si chiamano pregiudizi, si chiamano alibi, si chiamano ignoranza o paura, egoismo o paura di perdita di identità.
Il risultato è sempre lo stesso: il diverso fa paura e lungi dal misurarsi con esso, gli neghiamo la possibilità di ambientarsi, di inserirsi, men che meno cerchiamo di capire la sua cultura, non ci interessa, anzi è incomprensibile. Compiamo quindi una classifica tra le culture importanti, da conoscere, studiare, addirittura scimmiottare e quelle che non vale la pena nemmeno di conoscere (come se non le conosciamo?). Allo straniero vengono attribuiti i mali della società odierna: malattie, crisi economica, la disoccupazione, gli episodi di malvivenza, la città meno sicura, addirittura la crisi dei valori.
Lungi dall'essere estirpato, il ghetto si è invece moltiplicato e, dentro di noi, continua a mietere le sue vittime rendendoci meno capaci di misurarci con gli altri, meno capaci di capire, di adattarci, di accogliere, di comprendere, ...insomma meno capaci (adatti a contenere qualcosa).
(foto: particolare della facciata del Duomo di Modena, nevicata del 19 dicembre 2009)

lunedì 4 gennaio 2010

buona fortuna prof. Settembre 2007: CRONACHE DAL PRECARIATO

cara prof,

mi dispiace che abbia cambiato scuola, mi dispiace un po' per me, ma sono tranquilla perchè mi trovo bene anche con la prof di quest'anno (che abbiamo già conosciuto in occasione di una supplenza), è brava.

Per quel che la rigurda, spero le faccia bene cambiare aria e che si trovi bene, anche se perde me, un'alunna oltremodo simpatica ed eccessivamente (...) intelligente. insomma si saprà accontentare! E forse chissà, potrà finalmente avere un proiettore!!! e che magari va addirittura!!

Voglio dirle GRAZIE davvero (anche se so che è il suo lavoro...) per quello che mi ha insegnato in questi anni, per avermi fatto apprezzare la materia come anche la sua persona.

Mi mancherà un po' tutto delle sue lezioni, come SGANASCIARMI dalle risate!

(con tutta la stima possibile ovviamente!), le verifiche alla Jerry Scotti, e il super dado noooo! Farà altre vittime..!

Mi farebbe mooolto piacere poterla rivedere, in occasione di mostre o viaggi o qualche sua stravagante iniziativa!

Buona fortuna! A presto spero.

-- un'alunna molto grata! --

Ciao, grazie per quello che mi hai scritto, mi ha fatto piacere.

per la mia nuova sistemazione va tutto bene...
Alla nuova scuola mi trovo bene e ho già avuto modo di conoscere un po' l'ambiente. Non ho la mitica aula “ex aula di chimica- a metà cucina” stile sfigata, ma va bene lo stesso. Gli alunni sono...alunni come in tutte le scuole d'Italia, penso, ma in questa nuova scuola si alzano in piedi quando entro e mi sembra un bel modo per iniziare la lezione.
Questa settimana ho iniziato il giro di interrogazioni... sempre col dado "nooooo"!
Porto i ragazzi di quarta agli Uffizi il giorno 8 novembre... in effetti insegnare in città si presta meglio ai viaggi perchè non ci sono cambi da fare col treno come succedeva lo scorso anno in provincia.
Per l'altra scuola, invece è a Vignola... beh mi sono sempre trovata bene a Vignola e ho anche una
classe di 29 puzzini di prima … mi capita raramente di seguire una sperimentazione del progetto Brocca allo scientifico.

Sono deliziosi ma -a causa dell'età, degli ormoni, delle mode vestimentarie (scarpe da ginnastica ecc.), alla densità eccessiva per lo spazio in cui sono costretti- si sono meritati, anche loro come i compagni che ho conosciuto 4 anni fa, il simpatico soprannome di “puzzini”. Quando entro si precipitano ad aprire le finestre e a mettersi le felpe! Li adoro: tutti e 29! hanno ancora gli occhioni stile "prof. dice davvero...????!!?" Sono meravigliosi, educatissimi, sempre attenti e con una gran voglia di fare, di capire... me li porterei tutti a casa!
Poi oggi ho raccontato ai più grandi di … (3 superiore) la barzelletta di Perseo!

Lo so che fa schifo, ma questi non mi conoscono e l'effetto è stato spettacolare.

Mia cara... gli occhi dei ragazzi (visti dalla cattedra) sono una meraviglia...non capisco proprio quando si guasta quel bel collegamento occhio-cervello...

Sta di fatto che quando guardi un adulto vedi due organi visivi, quando guardi gli occhi di un ragazzo che ti ascolta, vedi un mondo... il bello è che, se non fossi presa da quello che sto
dicendo, probabilmente passerei le mie ore di lezione -come una cretina- a guardarli questi mobili, bellissimi occhi: diversi e uguali in tutte le classi e scuole che ho girato.


Tra un po' di tempo eleggerò gli occhi che saranno la mia stella polare il mio punto di riferimento per non perdermi in tutti quei mondi... e, lo sai bene non saranno quelli del più intelligente, del più attento o del più intuitivo... men che meno del figlio di papà o di quello che studia meno... saranno quelli che mi sapranno parlare senza usare le parole... non ce ne saranno in tutte le classi. Ce ne saranno forse un paio nelle 10 classi di quest'anno... lo spero davvero.

Ciao cara scrivimi ancora per dirmi come va e trattate bene la nuova prof di arte.

domenica 3 gennaio 2010

...
da che parte si inizia a scrivere un blog... ?
... da qualsiasi purchè non sia l'inizio.
Perchè l'inizio è sempre incerto e ricco di fraintendimenti.
Certo è meglio evitare la fine che spesso è frettolosa, se non precipitosa, di concludere e compiacersi del risultato...
Allora eccoci qui, 3 giorni dopo l'inizio del 2010,
a San Sigismondo, quasi al confine tra l'Italia e l'Austria,
al termine di una pranzo inconsueto e delizioso (ristorante pizzeria Petra),
mentre l'aguzzo campanile della parrocchiale ci ricorda che sono appena iniziate le 4 del pomeriggio.
Tra poche ore sarò ragguagliata sui progressi sciistici dei 4\5 della famiglia e la mia prima giornata di riposo volgerà al termine.
Beh, riposo: dopo aver corretto le verifiche della 5 B Vallauri... non è che posso proprio parlare di riposo.
Posso dire che devo ripensare, ripiegare, verificare le modalità di lavoro col professionale?
Boh posso dire che ci penserò bene ma adesso non ho ancora finito di mettere i voti. certo che il risultato è molto deludente.
E non posso nemmeno dire che non sanno leggere i romanzi: me lo avevano detto chiaramente che non lo sapevano fare e i quattro mesi di tempo che ci sono voluti per leggerlo erano il chiaro segnale -se proprio non mi volessi fidare delle loro chiare dichiarazioni- che proprio non ne volevano sapere mezza!
Ma "La donna in nero" di Brunella Schisa, sembra fatta apposta! E' davvero un peccato mortale parlare di Manet, della Francia che si prepara a creare l'impressionismo, o meglio gli impressionisti, senza cadere in tentazione di fare leggere quel romanzo lì; e l'ho fatto leggere a tutte e tre le mie quinte!
..e li ho riempiti di domande traccia, inondatati di immagini delle opere descritte...
e cosa ho ottenuto...
Nulla di eclatante.
ma forse è ancora presto...
Certo se bastasse un libro per evitare di vederle innamorate davanti a un Monet e interrogative davati a Rembrandt, se bastasse un libro per fare loro capire che tra Manet e Monet c'è molta più differenza che una sola vocale... se bastasse la Schisa per chiarire, schematizzare, precisare, imprimere e contestualizzare...
Dai, non lasciamoci abbattere, quella è solo una verifica... e questa è solo la prima pagina di un qualsiasi blog!